UNA QUESTIONE DI CUORE

Università di Pechino, 1990

è un piacere essere qui, di nuovo, all’Università di Pechino e incontrare i tanti membri della facoltà e il corpo studentesco. Questa è la mia sesta visita e la vostra calorosa ospitalità mi ha fatto sempre sentire il benvenuto. Questa volta, sono onorato di essere il primo a ricevere il Premio per l’educazione dall’Università di Pechino. Ho anche il privilegio di servire questa istituzione come consigliere per il Centro degli studi giapponesi e farò tutto il possibile per sostenere la continua crescita e lo sviluppo di questo ateneo.
Colgo l’occasione per esprimere i miei sinceri ringraziamenti per la cooperazione di tutti coloro che sono coinvolti nel programma di scambi tra l’Università Soka e l’Università di Pechino. Questa iniziativa è frutto dell’amicizia e della buona volontà della Cina e dell’Università di Pechino. Da parte della facoltà, del personale e degli studenti dell’Università Soka, vi porto un caloroso saluto.

L’ANTICA CINA E LA GRECIA

Molti anni fa decisi di fare dell’educazione lo scopo della mia vita. Le persone comuni spianano la strada al futuro del nostro mondo e nulla ha maggiore influenza nello sviluppo di un individuo che una solida educazione, centrata sull’essere umano. L’apprendimento è la forza fondamentale che costruisce la società e dà forma a un’epoca. Esso nutre e tempera l’infinito potenziale, latente in tutti noi, e guida le nostre energie verso la creazione di valori.
Oggi il sapere si è sempre più specializzato nei diversi settori. L’organizzazione della conoscenza ha sempre richiesto saggezza, apertura mentale e carattere, ma forse questo è oggi più necessario che mai. In periodi come il nostro, in cui vediamo sorgere un’ondata di internazionalismo senza precedenti, l’educazione ha assunto una vitale importanza destinata ad aumentare, non solo per il futuro delle singole nazioni, ma per il mondo intero.
Negli anni a venire, sarà essenziale che l’educazione abbia delle solide fondamenta filosofiche. L’illustre tradizione pedagogica per cui è celebre la Cina potrebbe quindi trasformarsi in un patrimonio di inestimabile valore. Questa tradizione rappresenta un grande fiume che scorre con energia immensa, canalizzata verso la realizzazione del potenziale umano. Tra tutti i popoli antichi, i greci e i cinesi possedevano una profonda saggezza rispetto all’educazione. Entrambi avevano una concezione precisa e profonda delle idee e della preparazione necessaria per coltivare il carattere e alimentarne l’umanità.
Per i greci dell’epoca classica uno degli scopi principali era lo sviluppo dell’individuo. Ciò non significava soltanto instillare conoscenze generali nei giovani, ma anche sviluppare le loro potenzialità latenti. L’enfasi posta dai greci sulla partecipazione attiva del discente è rappresentata dal metodo del dialogo, concepito da Platone e utilizzato all’Accademia di Atene per stimolare gli studenti nel cammino della comprensione e incoraggiarne la crescita individuale.
In Asia Orientale, le idee sull’educazione, che ebbero origine in Cina, si diffusero in tutta la regione e nei territori periferici. L’antico gigante asiatico diede i natali a molti filosofi di talento che viaggiarono in lungo e largo per predicare la Via. Anche in periodi in cui avevano perso la fiducia nell’integrità del governo, essi continuarono a dedicarsi all’educazione dei giovani. Per questi pensatori, il punto focale dell’educazione non era tanto insegnare o istruire i giovani, quanto prendersene cura e incoraggiarli. I maestri nell’antichità richiedevano ai discepoli autodisciplina e un’inestinguibile motivazione a imparare. In un brano degli Analecta (1) si legge: «Non rivelo la verità a chi non è avido di conoscenza né offro il mio aiuto a chi non sia ansioso di darsi spiegazioni. Se dopo aver presentato un aspetto di un argomento a qualcuno egli non può ricavarne gli altri tre, non ripeto la mia lezione». Credo sia emblematico che la parola cinese che sta per «apprendimento» sia composta da due ideogrammi: uno significa «studio» e l’altro «domanda». Essi suggeriscono che, anticamente, i saggi davano uguale peso a entrambe queste due attività e incoraggiavano, quindi, il dialogo. L’uso del concetto di «rivelare la verità all’individuo» deriva dalla profonda conoscenza della natura umana da parte di questi antichi maestri e incarna il genio del modello educativo cinese.
In tempi recenti, gli studiosi occidentali hanno mostrato un crescente interesse per le origini dei metodi di insegnamento nell’Est asiatico. Il professor William Theodore de Bary della Columbia University, nel suo libro The Liberal Tradition in China, delinea l’evoluzione del liberalismo nella filosofia cinese. Lo studioso mette in evidenza che lo spirito di reciproco sostegno e saggezza, tipico di questa cultura, è alimentato da un metodo di studio fondato sulla discussione e la condivisione delle idee.
Uno degli aspetti centrali dei sistemi educativi sia in Cina sia nell’antica Grecia è il costante interesse per l’essere umano. Come notò Rousseau riguardo ai miti greci, questi ultimi non narrano la storia di come gli uomini sparsero sangue per la gloria degli dèi, ma di come gli dèi si batterono per il bene dell’umanità. Sembra che in Cina i saggi non fossero molto interessati alle divinità. Essi respingevano l’idea del sovrannaturale. Lo stesso Confucio non parlava di «prodigi, di atti di valore, del male e degli esseri spirituali». (2)

DAL SAPERE, LA PACE

Un secondo aspetto essenziale per gli antichi rispetto all’educazione era il fatto che essi riconoscevano la necessità di solide fondamenta morali. La cura dell’interiorità della persona era una loro priorità, ma ciò non era tutto, poiché essi sostenevano con uguale forza l’importanza di interrogarsi sulle questioni pratiche di governo e il benessere della popolazione. Si può ritenere significativo che una delle più grandi opere di Platone sia intitolata La repubblica. Questo capolavoro è centrato sul ruolo della psiche umana, su quello della gerarchia sociale e sull’imperativo di giustizia al fine di costruire uno stato ideale. Platone si interessò alla politica fino agli ultimi anni della sua vita. Anche nella tradizione cinese il sapere è considerato come conditio sine qua non per la pace. Questa opinione è evidente nel quinto capitolo del Grande apprendimento. (3) «Con lo studio delle cose, venne completata la conoscenza. Completata la conoscenza, i pensieri furono sinceri. Con i pensieri sinceri, i cuori seguirono la retta via. Con i cuori sulla retta via, le persone divennero colte. Con le persone colte, le famiglie furono moderate. Con le famiglie moderate, gli stati furono governati giustamente. Con gli stati governati con giustizia, l’intero regno diventò tranquillo e felice».
Le idee di Platone, Aristotele e degli altri grandi pensatori ellenici non furono soltanto trasmesse in eredità storica alla Grecia, ma a un’intera civiltà, quella occidentale. Allo stesso modo, gli insegnamenti dei saggi cinesi confluirono nell’ethos di un’altra grande civiltà che abbraccia immensi territori e una vasta popolazione, la cui filosofia è sopravvissuta a più di tremila anni di storia. Questa dedizione al sapere non è limitata al Confucianesimo e si è trasformata nel costante tentativo di far emergere il cosmos (l’ordine) dal caos (il disordine) per mezzo del processo educativo.
Il grande fiume della tradizione cinese porta con sé molte idee che, ancora oggi, meritano una grande attenzione. Wang Yangming, filosofo che visse durante la dinastia Ming, (4) riteneva che la base dello sviluppo culturale e della stabilità sociale dovesse essere ricercata nei singoli individui. In modo simile, verso la fine del XVII secolo, Huang Zongxi scrisse Un piano per il principe, durante il periodo di tumulti che caratterizzò la fine dell’epoca Ming e l’inizio delle dinastie Ch’ing. Nel suo libro, egli affermò l’autonomia delle scuole e la promozione degli ufficiali sulla base del merito e delle capacità personali.
Queste idee non furono completamente realizzate. L’enfasi confuciana sull’educazione portò alla creazione di un sistema di esami competitivo (5) che mise gran parte del sapere fuori della portata di molte persone. Il sapere confuciano fu sempre monopolizzato dalla classe dirigente e non si diffuse molto tra la popolazione comune, ma ciò nonostante l’influenza dell’antico sistema educativo rimase forte tra i cinesi. L’educazione cinese racchiude un senso di ordine e della storia e, accompagnata da una particolare percezione dell’universo, è rivolta alla creazione di un nuovo ordine cosmico attraverso il perfezionamento del carattere umano. Tale orientamento emerge dall’interpretazione cinese del pensiero marxista, in quanto fondamento per la rivoluzione eterna. Forse questa tradizione diventerà la fonte di quello che il sinologo Leon Vandermeersch dell’Università di Parigi definisce la «sfera della nuova cultura sino-ideografica». Quest’ultima, secondo lo studioso, sarà all’origine di una civiltà comparabile a quella occidentale.
Si è pensato che la rivoluzione copernicana abbia distrutto l’immagine medioevale dell’universo senza fornirne un’altra che la sostituisse. Essa, quindi, fu l’inizio di un’epoca in cui mancò una visione generale del mondo. Oggigiorno, ci avviciniamo al tramonto dell’era postcopernicana. In questo momento di cambiamento, credo che l’eredità spirituale della Cina, in cui la pedagogia riveste un ruolo fondamentale, possa dare un enorme contributo alla formazione di una nuova visione globale, fondata sull’universalismo e l’umanesimo.

VERSO L’AMICIZIA TRA CINA E GIAPPONE

Oggi stiamo cercando di scrivere un nuovo capitolo sulle relazioni tra Cina e Giappone. Per noi giapponesi è giunto il momento di riconsiderare la nostra posizione rispetto al nostro grande vicino occidentale. Non ho bisogno di accennare all’immenso debito culturale che il mio paese deve alla Cina, non solo rispetto alla filosofia dell’educazione, ma in ogni altra dimensione culturale. Come si può ripagare un simile debito? Non vi è dubbio che per il Giappone la consapevolezza di quanto dobbiamo alla Cina sarà un importante elemento di scambio tra le due nazioni.
In quest’epoca di globalismo, né gli individui né i paesi possono sopravvivere isolati. Poiché facciamo parte del mondo, abbiamo degli obblighi verso un infinito numero di persone e di altre nazioni. Il senso di riconoscenza è l’essenza dell’umanità. è la manifestazione della spiritualità che sostiene e alimenta il lavoro della società umana. In questo senso, lo scrittore Lü Xun, (6) vissuto all’inizio del XX secolo, che in gioventù insegnò presso l’Università di Pechino, raccolse le memorie di Gonkuro Fujino, suo mentore al tempo in cui studiò medicina in Giappone. Nel suo libro intitolato Fujino Sensei (Il professor Fujino), egli scrive che, una volta contratto un debito, una persona lo mantiene per tutta la vita. Un debito di gratitudine è, fondamentalmente, una «questione di cuore» che riguarda il ricevente più che il creditore. Dalla sua opera di romanziere emergono con forza sentimenti di riconoscenza e affetto per il suo insegnante. Da questi si percepisce una chiara eco del nobile spirito umano dell’autore.
è importante avere un senso di riconoscenza e ripagare i nostri debiti. Ecco perché credo che il Giappone debba dedicare dei grandi sforzi allo sviluppo e al benessere della Cina, un paese con cui esso ha un inestimabile debito culturale. La Cina e il Giappone sono vicini da un punto di vista geografico, separati da una sottile striscia di mare, e hanno stabilito stretti legami fin dai tempi antichi. Condividiamo una lunga tradizione di amicizia e ci sono le premesse per lavorare insieme e costruire un’era di pace e stabilità. Una simile collaborazione sarà un contributo al nostro benessere e una causa di pace in Asia e in tutto il mondo.
L’amicizia si rivela autentica tramite azioni costanti e leali e, in questo senso, tali dovranno essere quelle che caratterizzeranno i rapporti sino-giapponesi. A dispetto delle questioni che possano sorgere tra noi, simili legami non devono mai essere intaccati. Credo che il nostro più importante compito sia ora quello di costruire un ponte dalle solide fondamenta rivolto verso il futuro. Lo scambio economico e politico sarà importante, ma i legami che uniscono i cuori delle persone dei nostri due paesi lo sono ancor più. Senza fiducia tra il popolo nipponico e quello cinese, gli scambi economico-politici e gli accordi a livello diplomatico non saranno che castelli di sabbia. Le «navi» dello stato e del commercio prenderanno il largo in tutta sicurezza solo se tenute a galla e trasportate da un «mare» di persone comuni. I legami basati sull’affetto tra gli individui sono invisibili, ma questo li rende forti; sono intangibili, ma questo li rende universali e durevoli. Essi sono possibili grazie allo splendore della cultura che spinge lo spirito umano verso l’eternità e l’universalità. L’educazione, nel frattempo, schiude l’infinito potenziale dell’animo umano e nutre i legami fondati sull’uguaglianza e l’amicizia. Lo scambio culturale ed educativo fornirà una base per un’eterna unione tra le nostre due popolazioni. A questo scopo, desidero esortare a un più ampio scambio tra Cina e Giappone, per aprire il corso a un nuovo e più intenso flusso di relazioni e di scambi, che scorra sotto il nostro prezioso ponte culturale.
Nel 1998, l’Università di Pechino celebrerà il suo centenario. All’inizio del suo secondo secolo di vita, il suo ruolo nel mondo, in quanto uno dei più antichi e rispettati atenei dell’Asia Orientale, sarà ancora più vitale. Una parte del motto dell’Università di Pechino è la frase «creazione del nuovo». Questo fa eco all’idea di soka o «creazione di valore», nel nome Soka Gakkai. Fortemente motivato dalla splendida visione del nuovo mondo che questa università contribuirà a creare, raddoppierò i miei sforzi per dei legami sempre più fecondi tra la nostra università e la vostra, tra il nostro paese e il vostro.

NOTE
(1) The Chinese Classics: Confucian Analects, trad. James Legge (Taiwan: SMC Publishing Inc., 1991), pag. 197
(2) Ibid., pag. 201
(3) The Chinese Classics: The Great Learning, trad. James Legge (Taiwan: SMC Publishing Inc., 1991), pagg. 358-359
(4) Dinastia Ming (1368-1644), fondata da Hung Wu che pose Nanchino come nuova capitale meridionale e le diede il nome augurale di Ming, ovvero «la luminosa».
(5) In Cina esisteva un sistema di esami letterari che consentivano l’accesso alla carriera burocratica. Alla fine del XIII secolo, in seguito alla loro invasione, i Mongoli, che non si sinizzarono mai, attuarono numerose riforme tra cui l’abolizione di tale uso. Ciò fece sì che non si studiasse più con lo stesso interesse la lingua classica letteraria e che venisse in voga, al suo posto, una lingua più agile, ma indubbiamente meno ricercata ed elegante.
(6) Lü Xun o Lu Hsün (1881-1936): scrittore cinese la cui arte esprime, simbolicamente o realisticamente, motivi che hanno valori universali. Tra le sue opere ricordiamo: Diario di un pazzo, Il sacrificio del nuovo anno, La vera storia di Ah Q.

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