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92. Le quattordici offese

RSND, VOLUME I

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Luogo sconosciuto, 1276. Indirizzata a Matsuno Rokuro Saemon

Ho ricevuto il kan di monete, il carico di riso bianco e la veste bianca trapuntata che mi hai inviato.

    Valli e colline si stendono a perdita d’occhio per più di cento ri a sud di questa montagna; a nord si erge il monte Minobu che si congiunge poi con le cime di Shirane; a ovest s’innalza un picco scosceso chiamato Shichimen. La neve rimane tutto l’anno su queste cime. Non c’è una sola dimora oltre la mia. Gli unici rari visitatori sono le scimmie che arrivano volteggiando sulle cime degli alberi, ma purtroppo anch’esse non rimangono a lungo e se ne tornano in fretta da dove sono venute. A est scorre impetuoso il fiume Fuji, le cui onde sembrano fluide sabbie del deserto. È veramente straordinario che tu invii di tanto in tanto lettere in questo luogo dove, per la sua inaccessibilità, i visitatori sono rari.

      Ho saputo che lo studioso Nichigen1 del tempio Jisso, per essere diventato mio discepolo, è stato allontanato dai suoi discepoli e seguaci laici e ha dovuto lasciare le sue terre, così che non ha più una sua residenza. Ciò nonostante egli continua a visitarmi e a prendersi cura dei miei discepoli. È un sincero devoto, è un santo! Nichigen non ha rivali nella conoscenza del Buddismo, eppure ha rinunciato alla fama e al profitto ed è diventato mio discepolo, mettendo in pratica le parole del sutra: «Senza curarci dei nostri corpi o delle nostre vite»2. Per ripagare il suo debito di gratitudine al Budda, egli insegna a tutti voi e ha ispirato te, Matsuno, a farmi queste sincere offerte. Tutto ciò è meraviglioso!

        Il Budda ha detto che, nell’ultima epoca, monaci e monache dal cuore di cane sarebbero stati numerosi come i granelli di sabbia del Gange3. Questa frase vuol dire che i preti e le monache di quell’epoca saranno avidi di fama e fortuna. Poiché indossano la tonaca e la cotta, sembrano preti e monache comuni, ma nel loro cuore impugnano la spada delle opinioni distorte e corrono in continuazione dall’uno all’altro dei loro patroni subissandoli di bugie per tenerli lontano dagli altri preti e monache. Si tengono stretti i loro patroni e impediscono ad altri preti e monache di avvicinarli, così come il cane che per primo va in una casa e ottiene da mangiare, vedendo arrivare dopo di lui un altro cane, abbaia e lo attacca. Ognuno di questi preti e monache cadrà sicuramente nei cattivi sentieri. Il discepolo Nichigen, essendo uno studioso, deve aver letto questo passo del sutra. Apprezzo moltissimo la sua non comune premura e le sue frequenti visite a me e ai miei discepoli.

          Nella tua lettera chiedi: «Dal giorno in cui ho preso fede in questo sutra, ho continuato a leggere i dieci fattori della vita4 e la parte in versi del capitolo “Durata della vita”e ho recitato il daimoku senza alcuna negligenza. Ma c’è una differenza fra i benefici del daimoku recitato da un santo e i benefici del daimoku che recitiamo noi?». Per risponderti, nessuno dei due è in alcun modo superiore o inferiore all’altro. L’oro posseduto da uno stolto non è differente dall’oro posseduto da un sapiente; il fuoco acceso da uno stolto è uguale al fuoco acceso da un sapiente.

            Tuttavia c’è una differenza se si recita il daimoku e allo stesso tempo si va contro l’intento di questo sutra. Nella pratica di questo sutra ci sono vari stadi [e di conseguenza varie forme di offesa]. Le riassumerò citando dal quinto volume di Annotazioni su “Parole e frasi del Sutra del Loto”: «Illustrando i vari tipi di male, Parole e frasi del Sutra del Loto afferma concisamente: “Predica fra i saggi, non fra gli stolti”5. Enumerando questi mali, uno studioso6dice: “Prima elencherò le cattive cause, poi i loro effetti. Le cattive cause sono quattordici: 1) arroganza; 2) negligenza; 3) opinioni personali errate; 4) comprensione superficiale; 5) attaccamento alle illusioni e ai desideri; 6) non [voler] comprendere; 7) non credere; 8) mostrare ripugnanza aggrottando le sopracciglia; 9) covare dubbi; 10) offendere la Legge; 11) disprezzare; 12) odiare; 13) invidiare; 14) serbare rancore”». Queste quattordici offese si applicano sia al clero sia ai laici, quindi devi guardarti da esse.

              Nel passato il Bodhisattva Mai Sprezzante sostenne che tutti gli esseri umani hanno la natura di Budda, che abbracciando il Sutra del Loto avrebbero conseguito sicuramente la Buddità e che disprezzare una persona è disprezzare il Budda stesso. La sua pratica era di venerare tutti. Egli venerava anche coloro che non credevano nel Sutra del Loto perché anch’essi avevano la natura di Budda e un giorno avrebbero potuto credere nel sutra. A maggior ragione devi venerare i monaci e i laici che abbracciano il sutra.

                Nel quarto volume del Sutra del Loto si legge: «La colpa di pronunciare una sola parola sprezzante contro chi abbraccia e predica il Sutra del Loto, che sia un monaco o un laico, è più grave della colpa di insultare direttamente il Budda Shakyamuni per un intero kalpa»7. Afferma anche: «[Se qualcuno vedrà una persona che accetta e sostiene questo sutra e cercherà di rivelare le sue colpe o i suoi errori,] sia che dica il vero sia che dica il falso, [nell’esistenza presente si ammalerà di lebbra bianca]»8. Perciò tieni a mente queste parole e non dimenticare che coloro che abbracciano il Sutra del Loto non dovrebbero, per nessun motivo al mondo, insultarsi l’un l’altro, perché chi ha fede nel Sutra del Loto diventerà sicuramente un Budda e chi offende un Budda commette una grave colpa.

                  I benefici di chi recita il daimoku tenendo a mente che non ci sono distinzioni fra coloro che abbracciano il Sutra del Loto saranno uguali ai benefici del Budda Shakyamuni. Un commentario9 afferma: «Sia gli esseri sia l’ambiente dell’inferno Avichi esistono interamente nella vita del supremo santo [Budda] e, ancor più importante, la vita e l’ambiente del [Budda] Vairochana non trascendono la vita degli esseri comuni10». Da questa citazione puoi immaginare il significato delle quattordici offese.

                    Le domande che fai sul Buddismo mostrano che ti preoccupi sinceramente per la tua prossima vita. Il Sutra del Loto afferma che «una persona capace di ascoltare questa Legge è altrettanto rara»11. Fino a che il vero inviato del Budda non apparirà in questo mondo, chi sarà capace di esporre questo sutra in accordo con le vere intenzioni del Budda? Inoltre, sembrerebbe che ben pochi facciano domande sul significato del sutra per cercare di risolvere i loro dubbi in modo da credervi con tutto il cuore. Se una persona, per quanto umile sia, ha una saggezza anche un poco superiore alla tua, devi farle domande sul significato di questo sutra. Ma in quest’epoca corrotta gli uomini sono tanto arroganti, pieni di pregiudizi e tanto attaccati alla fama e al profitto che, se divenissero discepoli di una persona umile o cercassero di imparare qualcosa da lei, avrebbero paura di essere disprezzati dagli altri. Non si libereranno mai di questo modo di pensare sbagliato e così cadranno nei cattivi sentieri.

                      Il capitolo “Maestro della Legge” afferma: «Chi fa offerte al prete che predica il Sutra del Loto e ascolta l’insegnamento di questo sutra anche un solo momento, proverà gioia perché otterrà benefici ancor maggiori di chi offre al Budda incalcolabili tesori per ottanta milioni di kalpa»12.

                        Anche un ignorante otterrà benefici servendo chi espone il Sutra del Loto. Non importa se è un demone o un animale, se spiega anche un singolo verso o frase del Sutra del Loto, come dice il sutra stesso dovete rispettarlo come fareste con il Budda. Questo intende il sutra quando afferma: «Dovrai alzarti e salutarla da lontano, mostrandole lo stesso rispetto che mostreresti a un Budda»13. Dovete rispettarvi l’un l’altro come fecero Shakyamuni e Molti Tesori nella cerimonia del capitolo “Torre preziosa”14.

                          Può darsi che il prete Sammi-bo sia una persona di umile condizione, ma poiché può spiegare anche una piccola parte del Sutra del Loto, dovete rispettarlo come fareste con il Budda e fargli domande sulla dottrina. «Affidatevi alla Legge e non alla persona»15, questo dovete ricordare.

                            Molto tempo fa c’era un giovane chiamato il ragazzo delle Montagne Nevose, che viveva sulle Montagne Nevose. Praticava tranquillamente la via e si manteneva in vita raccogliendo frutti e felci e coprendo il suo corpo con una pelle di cervo. Osservando attentamente il mondo, il ragazzo comprese che niente è permanente e tutto cambia, e tutto ciò che nasce è destinato a morire. Questo nostro mondo16 è fugace come la luce di un lampo, come la rugiada mattutina che svanisce al sole, come la lampada che è spenta facilmente dal vento o le fragili foglie del banano che si spezzano con un nonnulla.

                              Nessuno può sfuggire a questa impermanenza: alla fine tutti dovremo intraprendere il viaggio per le Sorgenti Gialle, la terra dell’oscurità. Immagina questo viaggio nell’aldilà: c’è il buio più completo, non c’è la luce del sole, della luna o delle stelle, nemmeno un po’ di fuoco per accendere una torcia. E lungo quella strada oscura, nessuno ci accompagna. Finché siamo nel mondo di saha, siamo circondati dai genitori e dai parenti, da fratelli, sorelle, moglie, figli e servitori. I padri possono dimostrare grande compassione e le madri una profonda e affettuosa partecipazione. Marito e moglie possono essere come una coppia di gamberi marini che sono animali come noi e fanno voto di dividere la stessa buca per tutta la vita senza mai separarsi; tuttavia, benché accostino i loro cuscini e amoreggino sotto la coperta ricamata di anatre mandarine17, non potranno mai stare insieme in quel viaggio nella terra dell’oscurità. Mentre viaggi da solo nelle tenebre, chi verrà a incoraggiarti?

                                Sia i giovani sia i vecchi vivono nel regno dell’incertezza, ma è nell’ordine naturale delle cose che i vecchi muoiano prima e i giovani rimangano. Perciò, anche nel dolore si può trovare un motivo di consolazione. Ma a volte capita che il giovane muoia prima e il vecchio rimanga. Nessuno prova un rimpianto più amaro del figlio che muore ancora bambino prima dei genitori; nessuno prova una disperazione più profonda dei genitori che vedono il figlio precederli nella morte. Gli uomini vivono in questo mondo fuggevole ove tutto è incertezza e impermanenza, eppure giorno e notte non pensano che alla quantità di ricchezza che possono ammassare in questa esistenza. Dall’alba al crepuscolo si concentrano solo su faccende terrene, senza venerare il Budda e senza credere nella Legge; trascurano la pratica buddista, mancano di saggezza e sprecano le loro giornate. Quando saranno trascinati davanti al tribunale di Yama, il signore dell’inferno, quali provviste porteranno con sé nel lungo viaggio attraverso il triplice mondo, cosa potranno usare come barca o zattera per attraversare il mare delle sofferenze di nascita e morte e giungere nella Terra della Ricompensa Effettiva o nella Terra del Budda della Luce Tranquilla? Quando siamo illusi è come se sognassimo, quando siamo illuminati è come se ci fossimo svegliati. Deciso a risvegliarsi dal sogno di questo mondo transitorio e cercare la realtà dell’illuminazione, il ragazzo delle Montagne Nevose si ritirò nelle montagne e si dedicò ardentemente a ricercare la Legge buddista immergendosi nella meditazione per spazzar via la polvere delle illusioni.

                                  Guardando dall’alto del cielo, il dio Shakra lo vide e pensò: «Benché nascano molti pesciolini, sono pochi quelli che crescono fino a diventare pesci adulti; benché i fiori del mango siano molti, sono pochi quelli che diventano frutti. Lo stesso avviene per gli uomini: benché siano tante le persone che aspirano all’illuminazione, sono poche quelle che perseverano ed entrano nella vera via. Nelle persone comuni l’aspirazione all’illuminazione è spesso ostacolata dalle cattive influenze e facilmente sviata dalle circostanze; i guerrieri che indossano l’armatura sono molti, ma pochi quelli che vanno in battaglia senza paura. Andiamo a mettere alla prova la determinazione di questo giovane». Così pensando, Shakra prese l’aspetto di un demone e apparve a fianco del giovane.

                                    Poiché a quel tempo il Budda non era ancora apparso in questo mondo, il ragazzo delle Montagne Nevose aveva ricercato ovunque il grande veicolo, ma non era riuscito a sapere nulla. A un tratto, udì una fievole voce che diceva: «Tutto è mutevole, niente è costante. Questa è la legge di nascita e morte». Sorpreso, il giovane si guardò intorno, ma non vide alcuno, eccetto un demone che stava nei pressi. Il suo aspetto era feroce e orribile: i capelli sul suo capo erano come fiamme, i denti sporgevano dalla bocca come spade e i suoi occhi fissavano furiosi il ragazzo delle Montagne Nevose. Vedendolo, il giovane non si spaventò, ma si rallegrò di aver udito un insegnamento buddista e non si pose domande. Era come un vitello separato dalla madre, che ode da lontano il suo flebile muggito. «Chi ha parlato? Deve esserci dell’altro!» pensò e cercò di nuovo tutto attorno, ma non vide nessuno. Si chiese se fosse stato il demone a pronunciare quelle parole, ma riflettendo concluse che pareva impossibile poiché il demone doveva esser nato in quella condizione come retribuzione per qualche atto malvagio passato; il verso era sicuramente un insegnamento del Budda e quelle parole non potevano essere uscite dalla bocca di tale spregevole demone. Tuttavia, poiché non c’era nessun altro in vista, chiese: «Hai pronunciato tu quelle parole?». Il demone replicò: «Non parlarmi! Non mangio nulla da vari giorni, sono affamato, esausto, sono fuori di me. Avrò detto qualche stupidaggine, ma nel mio intontimento, non so nemmeno io cosa ho detto».

                                      «Per me – disse il giovane – udire solo la prima metà di quel verso è come vedere solo metà della luna o ottenere mezzo gioiello. Certamente hai parlato tu. Ti prego, insegnami l’altra metà». Rispose il demone: «Tu sei già illuminato e non ti cruccerai anche senza sentire il resto del verso. Io ora sto morendo di fame e non ho la forza di parlare. Non dirmi più niente!».

                                        Il giovane propose: «Potresti insegnarmelo se avessi qualcosa da mangiare?». Il demone rispose: «Se mangiassi, potrei insegnartelo». Esultando di gioia il giovane chiese: «Cosa vorresti mangiare?» «Non me lo chiedere più – rispose il demone – se te lo dicessi, sicuramente rimarresti terrorizzato. Inoltre tu non potresti fornirmelo».

                                          Ma il giovane insistette ancora: «Basta che tu mi dica cosa vuoi, io cercherò di procurartelo». Il demone rispose: «Io mangio soltanto la tenera carne degli esseri umani e bevo soltanto il loro sangue caldo. Volo nell’aria in lungo e in largo in cerca di cibo, ma gli uomini sono protetti dai Budda e dagli dèi e, anche se voglio ucciderli, non posso farlo. Posso uccidere e mangiare solo quelli che i Budda e gli dèi hanno abbandonato».

                                            Allora il ragazzo delle Montagne Nevose pensò che, se avesse dato il suo corpo per amore della Legge, avrebbe udito quel verso e disse: «Il tuo cibo è qui, non devi cercarlo altrove. Poiché sono ancora vivo, la mia carne è calda e, poiché il mio corpo non si è ancora raffreddato, il mio sangue è caldo. Ti prego di insegnarmi il resto del verso e in cambio ti offrirò il mio corpo». Il demone si infuriò e chiese: «Chi potrebbe credere che tu dici la verità? Dopo aver udito il resto del verso, chi potrò chiamare a testimone in modo che tu mantenga la tua promessa?».

                                              Il ragazzo delle Montagne Nevose replicò: «Questo mio corpo deve alla fine morire: se dono la mia vita per la Legge, gettando via questo corpo vile e sporco che altrimenti morirebbe invano, dopo la morte otterrò sicuramente l’illuminazione, diverrò un Budda e riceverò un corpo puro e meraviglioso. Sarebbe come dar via un recipiente di terraglia in cambio di un vaso prezioso. Chiamo a testimoni Brahma, Shakra, i quattro re celesti e tutti i Budda e bodhisattva dell’universo: non potrei ingannarti al loro cospetto».

                                                A queste parole il demone, addolcito, disse: «Se quel che dici è vero, ti insegnerò il resto del verso». Al colmo della gioia, il ragazzo delle Montagne Nevose si tolse la pelle di cervo che indossava e la stese sul luogo della predicazione della Legge, chinò il capo a terra, giunse le mani e con profondo e sincero rispetto disse: «Tutto quello che ti chiedo è di insegnarmi il resto del verso». Il demone sedette sul luogo della predicazione della Legge e disse: «Estinguendo il ciclo di nascita e morte, si entra nella gioia del nirvana». Appena udì queste parole il ragazzo delle Montagne Nevose fu pieno di gioia e riverenza senza limiti. Per ricordarle anche nelle vite successive, le ripeté più volte imprimendole profondamente nel suo cuore.

                                                  Poi pensò fra sé e sé: «Mi rallegro per il fatto che questo verso [benché insegnato da un demone] non sia differente da un insegnamento del Budda, ma mi rattrista il fatto che io solo l’abbia udito e non possa trasmetterlo agli altri». Perciò lo scrisse sulle pietre, sulla superficie delle rocce, sugli alberi lungo la strada, pregando che le persone che fossero in seguito passate di lì lo vedessero e, comprendendone il significato, infine entrassero nella vera via. Quindi salì su un alto albero e si gettò davanti al demone. Ma prima che toccasse il suolo, il demone riprese istantaneamente il suo aspetto originale di Shakra, afferrò al volo il suo corpo, lo depose su un punto pianeggiante e, inchinatosi rispettosamente, disse: «Per metterti alla prova io ho taciuto per un poco il sacro insegnamento del Tathagata e ho fatto soffrire un bodhisattva. Ti prego di perdonare questa mia colpa e di salvarmi senza fallo nella prossima esistenza».

                                                    Quindi tutti gli esseri celesti si adunarono e lodarono il ragazzo delle Montagne Nevose: «Ben fatto, ben fatto! Questo è un vero bodhisattva!». Gettando via il suo corpo per ascoltare metà di un verso, egli poté sradicare le colpe che avrebbero richiesto dodici kalpa di sofferenze di nascita e morte. Questa storia è raccontata nel Sutra del Nirvana.

                                                      Nel passato il ragazzo delle Montagne Nevose volle dare la sua vita per la metà di un verso. Quanto più dovremmo esser grati di poter ascoltare un capitolo o un volume del Sutra del Loto! Come potremo mai ripagare una cosa simile? Se ti preoccupi veramente della tua prossima vita, devi seguire l’esempio del ragazzo delle Montagne Nevose: anche se sei molto povero e non hai tesori da offrire, se si presenta l’occasione di offrire la tua vita per la Legge buddista, devi dare la vita per imparare la Legge buddista.

                                                        Questo nostro corpo comunque diventerà nulla più del terreno delle colline e dei campi; è inutile lesinare la tua vita perché, per quanto lo desideri, non potrai continuare a farlo per sempre. Anche un uomo che vive a lungo, raramente vive oltre i cento anni e tutti gli eventi di una vita non sono che il sogno di un breve sonno. Anche chi ha avuto la rara fortuna di nascere essere umano o ha perfino abbracciato la vita religiosa, se non studia il Buddismo e non refuta chi lo offende, ma spende vanamente le sue giornate nell’ozio e nelle chiacchiere, non è migliore di un animale che indossa l’abito del monaco. Anche se ha preso a prestito il nome di prete e come tale si guadagna da vivere, non merita di esser considerato un vero prete. È un ladro che ha rubato il nome di prete. È una cosa vergognosa e terribile.

                                                          Nell’insegnamento transitorio del Sutra del Loto c’è un passo in cui si dice: «Senza curarci dei nostri corpi o delle nostre vite, avremo a cuore solo la via suprema»18 e un passo dell’insegnamento originale dice: «Anche a costo della vita»19. Il Sutra del Nirvana afferma: «Il corpo è insignificante, la Legge è suprema. Si dovrebbe dare la vita per propagare la Legge»20. Sia l’insegnamento transitorio sia quello originale del Sutra del Loto, e anche il Sutra del Nirvana, tutti dicono che bisognerebbe dare la vita per propagare la Legge. Benché la grave colpa di trasgredire questi ammonimenti non sia visibile, accumulandosi porta a precipitare nell’inferno. È come il freddo e il caldo che non hanno una forma che l’occhio possa vedere, ma con l’inverno il freddo arriva attaccando erba e alberi, uomini e animali, e con l’estate arriva il caldo tormentando uomini e animali.

                                                            Per te che sei un laico, la cosa più importante è recitare unicamente21Nam-myoho-renge-kyo e sostenere i preti. Devi inoltre insegnare agli altri secondo le tue capacità, come dice il sutra. Quando questo mondo ti fa tribolare, recita Nam-myoho-renge-kyo ricordando che, se le sofferenze in questa vita sono penose, quelle nella prossima vita possono essere molto peggiori; quando sei felice, recita Nam-myoho-renge-kyo ricordando che la felicità in questa vita non è che un sogno dentro un sogno, e che la vera felicità è quella che si trova nella pura terra del Picco dell’Aquila. Continua a praticare senza mai abbandonare la fede fino all’ultimo istante della vita e quando giungerà quel momento, ammira! Quando salirai sulla vetta della perfetta illuminazione e guarderai attentamente in ognuna delle quattro direzioni, con tua grande meraviglia vedrai che l’intero regno dei fenomeni è la Terra della Luce Tranquilla: il terreno è fatto di lapislazzuli, gli otto sentieri22 sono delimitati da cordoni dorati, dal cielo piovono quattro tipi di fiori23 e una musica risuona nell’aria. Tutti i Budda e i bodhisattva si dilettano carezzati dalle brezze di eternità, felicità, vero io e purezza. Si avvicina rapidamente il momento in cui anche noi saremo enumerati nella loro schiera. Ma se la nostra fede è debole, non giungeremo mai in quel luogo meraviglioso. Fammi sapere se hai altre domande.

                                                              Rispettosamente,

                                                                Nichiren

                                                                  Il nono giorno del dodicesimo mesedel secondo anno di Kenji (1276), segno ciclico hinoe-ne

                                                                    Risposta a Matsuno

                                                                        Cenni Storici

                                                                        Scritta verso la fine del 1276, questa lettera è una risposta al prete laico Matsuno Rokuro Saemon. Erano in quattro, nella sua famiglia, a ricevere lettere dal Daishonin: lui, sua moglie, suo figlio e la nuora. Una delle figlie di Matsuno aveva sposato Nanjo Hyoe Shichiro, e aveva dato alla luce Nanjo Tokimitsu, un fedele sostenitore del Daishonin e del suo discepolo Nikko Shonin. Si ritiene che Matsuno si fosse convertito agli insegnamenti del Daishonin attraverso questo legame con la famiglia di Nanjo.

                                                                        Questa lettera illustra le quattordici offese, citando Annotazioni su “Parole e frasi del Sutra del Loto”, di Miao-lo che fa riferimento a un passo del capitolo “Parabola e similitudine” del Sutra del Loto. Rispondendo alla domanda se ci sia differenza tra i benefici che derivano dal daimoku recitato da un grande saggio e da quello recitato da una persona qualunque, il Daishonin afferma che non ve ne sono. Tuttavia, precisa, «c’è una differenza se si recita il daimoku e allo stesso tempo si va contro l’intento di questo sutra». Spiega poi “l’intento di questo sutra” facendo riferimento alle quattordici offese.

                                                                        Le prime dieci offese riguardano l’atteggiamento e le azioni verso la Legge, cioè verso gli insegnamenti del Budda, mentre le ultime quattro riguardano le persone che credono e praticano questa Legge.

                                                                        Sottolineando l’importanza dell’unità tra i credenti, il Daishonin dichiara: «Tieni a mente queste parole e non dimenticare che coloro che abbracciano il Sutra del Loto non dovrebbero, per nessun motivo al mondo, insultarsi l’un l’altro, perché chi ha fede nel Sutra del Loto diventerà sicuramente un Budda e chi offende un Budda commette una grave colpa». In altre parole, mette particolarmente in guardia i suoi discepoli dal commettere le ultime quattro offese – disprezzare, odiare, invidiare e serbare rancore – nei confronti dei propri compagni di fede.

                                                                        Il Daishonin riporta poi diffusamente la storia del ragazzo delle Montagne Nevose che offrì il suo corpo a un feroce demone pur di ascoltare un insegnamento buddista. Incoraggia Matsuno a fare dello spirito di ricerca che animava questo bodhisattva un modello per la sua fede e per la sua pratica. Avverte, inoltre, che un prete che non ha lo spirito di studiare e praticare con diligenza il Buddismo e di impegnarsi nel confutare coloro che lo offendono «non è migliore di un animale che indossa l’abito del monaco», è un ladro che ha rubato il titolo di prete.

                                                                        Il Daishonin conclude istruendo Matsuno su come praticare il suo insegnamento da credente laico. Lo incoraggia a recitare Nam-myoho-renge-kyo, a dare sostegno ai preti e, come indicato nel Sutra del Loto, a sforzarsi di diffondere la Legge. Alla luce dei precedenti paragrafi, il termine “preti” non sta qui a indicare qualsiasi prete, ma tutti coloro che praticano in accordo con lo spirito spiegato in questo scritto, cioè i discepoli di Nichiren Daishonin.

                                                                        Note

                                                                        1. Nichigen (m. 1315): prete del tempio Jisso della scuola Tendai. Divenne un discepolo del Daishonin dopo il ritiro di quest’ultimo sul monte Minobu. In seguito tornò al Jisso-ji dove convertì altri preti e costruì vari templi nelle province di Musashi e Suruga.
                                                                        2. Il Sutra del Loto, cap. 13, p. 272.
                                                                        3. La fonte da cui è tratta questa affermazione è ignota, ma il riferimento ai “monaci e alle monache dal cuore di cane” si trova nel Sutra del Cumulo di tesori.
                                                                        4. Presumibilmente si riferisce alla prima sezione del capitolo “Espedienti” che termina con: «Il vero aspetto di tutti i fenomeni può essere compreso e condiviso solo tra Budda. Questa realtà consiste di: aspetto […] e della loro coerenza dall’inizio alla fine».
                                                                        5. Il terzo capitolo del Sutra del Loto, “Parabola e similitudine”, consiglia di non predicare questo sutra fra gli stolti, per non esporli al pericolo di offenderlo.
                                                                        6. Uno studioso: nel suo Supplemento alle tre opere maggiori di T’ien-t’ai, Ts’ung-i lo identifica con Tz’u-en (632-682), fondatore della scuola delle Caratteristiche dei dharma. Ma si tratta di un’attribuzione dubbia. In effetti nel suo Lode alla profondità del Sutra del Loto, Tz’u-en menziona le offese, ma non le enumera né si dilunga sulla loro definizione.
                                                                        7. Parafrasi del seguente passo del Sutra del Loto, cap. 10, p. 233: «Re della Medicina, se una persona malvagia comparisse con malanimo davanti al Budda, lo maledicesse e lo ingiuriasse ininterrottamente per un intero kalpa, la sua offesa sarebbe ancora alquanto lieve. Ma se una persona pronunciasse una sola parola malvagia per maledire o diffamare i laici, i monaci o le monache che leggono e recitano il Sutra del Loto, la sua offesa sarebbe molto grave».
                                                                        8. Ibidem, cap. 28, p. 440.
                                                                        9. La lama di diamante.
                                                                        10. «La vita e l’ambiente […] esseri comuni»: lett. «Il corpo e la terra del Budda Vairochana non trascendono l’ichinen degli esseri comuni», dove “corpo e terra” simboleggiano la vita e l’ambiente (del Budda Vairochana) e la seconda parte della frase si riferisce alla citazione completa di Miao-lo che Nichiren non scrive per intero e che si conclude con queste parole: «Tutto si trova nel cuore di ichinen, cioè nella vita».
                                                                        11. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 90.
                                                                        12. Parafrasi di un passo del capitolo “Maestro della Legge” (vedi Il Sutra del Loto, cap. 10, p. 235).
                                                                        13. Il Sutra del Loto, cap. 28, p. 440.
                                                                        14. Nell’undicesimo capitolo del Sutra del Loto, “Torre preziosa”, Shakyamuni, dopo aver radunato tutti i Budda e bodhisattva dell’universo, apre la porta della torre preziosa. Il Budda Molti Tesori lo invita a sedere accanto a sé e inizia la Cerimonia nell’aria.
                                                                        15. Sutra del Nirvana.
                                                                        16. Lett.: ukiyo = mondo galleggiante, cioè nel quale è faticoso stare a galla.
                                                                        17. Anatre mandarine: simbolo della felicità coniugale. Si dice che il maschio e la femmina rimangano uniti e reciprocamente fedeli per tutta la vita.
                                                                        18. Il Sutra del Loto, cap. 13, p. 272.
                                                                        19. Ibidem, cap. 16, p. 317.
                                                                        20. Annotazioni sul Sutra del Nirvana.
                                                                        21. Letteralmente: «Senza altri pensieri».
                                                                        22. Gli otto sentieri conducono nelle otto direzioni, che corrispondono agli otto punti cardinali.
                                                                        23. Quattro tipi di fiori: mandarava (loto bianco), grande mandarava, manjushaka (fiore del cielo bianco) e grande manjushaka che, secondo la tradizione indiana, fiorirebbero in cielo.
                                                                        La Biblioteca di Nichiren
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