Questo contenuto è un estratto dal libro “Il Buddismo della Gente” edizione 2016, ricostruzione delle vicende storiche e delle ragioni della separazione tra Nichiren Shoshu e Soka Gakkai.
Fin dall’inizio la Soka Gakkai si è impegnata, grazie agli incredibili sforzi di persone comuni, nella diffusione del Buddismo su scala globale, portando gli insegnamenti di Nichiren Daishonin in centonovantadue aree e nazioni e promuovendo una cultura universale di pace e solidarietà tra tutti gli esseri umani. A oggi conta circa dodici milioni di membri.
È un’organizzazione completamente laica, senza preti al suo interno.
Ciò è considerato normale dai membri della SGI (Soka Gakkai Internazionale) che, nelle varie organizzazioni locali, portano avanti la pratica buddista insieme ai compagni di fede, con il sostegno dei responsabili, anch’essi laici.
Fino ai primi anni Novanta del secolo scorso, la Soka Gakkai era strettamente legata alla Nichiren Shoshu. Quest’ultima si formò in Giappone poco dopo la morte di Nichiren Daishonin (13 ottobre 1282) e nel corso della sua storia ha sempre avuto il sostegno di una componente laica: famiglie nobili e credenti laici che in vario modo contribuivano al sostentamento della scuola. Per lungo tempo clero e laici hanno avuto un percorso comune.
Dalla morte dei primi due successori del Daishonin (Nikko Shonin e Nichimoku Shonin) fino al secondo dopoguerra, in un arco di tempo di circa settecento anni, a parte pochi e brevi periodi di relativo sviluppo, la Nichiren Shoshu non era mai riuscita nell’opera di diffusione dell’insegnamento del Daishonin, e alla fine degli anni Quaranta si presentava come una piccola scuola buddista fra le tante presenti in Giappone.
La Soka Gakkai fu fondata nel 1930 da Tsunesaburo Makiguchi. Durante la seconda guerra mondiale il regime militarista giapponese incarcerò tutti i maggiori responsabili della Soka Gakkai e così, alla fine del conflitto, dell’organizzazione non restava nulla. Dopo la guerra, essa fu praticamente ricostruita da zero da Josei Toda e, a partire dall’inizio degli anni Cinquanta, grazie alla guida dello stesso Toda e del giovane Daisaku Ikeda, vide una crescita straordinaria e finalmente l’insegnamento del Daishonin venne conosciuto da milioni di persone, sia in Giappone che nel resto del mondo.
La Soka Gakkai ha sempre avuto rapporti con la Nichiren Shoshu, ma è solo dopo la guerra che tali rapporti sono divenuti più stabili. Con lo sviluppo della Gakkai, infatti, la Nichiren Shoshu conobbe una fioritura – in termini di numero di fedeli, diffusione dell’insegnamento di Nichiren, visibilità, costruzione di nuovi templi – che non aveva precedenti nella sua pur secolare storia.
Tuttavia le strade della Soka Gakkai e della Nichiren Shoshu si divisero nel 1991, quando avvenne una scissione netta che culminò con la “richiesta di scioglimento” della Soka Gakkai da parte della Nichiren Shoshu, il 28 novembre 1991.
Bryan Wilson, professore dell’Università di Oxford ed ex-presidente della Società internazionale di Sociologia delle religioni, che ha pubblicato con Daisaku Ikeda un dialogo riguardo allo scopo che una religione dovrebbe prefiggersi, ha dichiarato: «È diffondendo l’impegno e la sua manifestazione nella vita quotidiana e nel servizio ai credenti che la religione sviluppa la propria influenza e realizza la sua missione».
La Soka Gakkai ha sicuramente messo in pratica queste parole su scala globale, diffondendo il Buddismo di Nichiren Daishonin in tutto il mondo e promuovendo attività per la pace, la cultura, l’educazione e i diritti umani. Da questa prospettiva, la scissione dalla Nichiren Shoshu è stato un punto di svolta importante e forse inevitabile nel processo di emancipazione di una religione che ha sempre avuto come scopo fondamentale il raggiungimento della felicità in questa esistenza di ogni singolo individuo, senza discriminazioni di sorta.
Bryan Wilson scrive inoltre: «Senza gli sforzi della Soka Gakkai, la Nichiren Shoshu sarebbe rimasta un’oscura setta giapponese, sconosciuta nel resto del mondo, e forse poco significativa perfino in Giappone.
Nell’affermare che il Buddismo è una religione per la vita, la Soka Gakkai ha riscattato il Buddismo giapponese dalla sua fama di preoccuparsi principalmente dei riti funebri3».
L’antropologo Nur Yalman, professore onorario dell’Università di Harvard, è stato ancora più esplicito e ha affermato che la Soka Gakkai si è sviluppata nel mondo grazie alla separazione dalla Nichiren Shoshu. Tale giudizio è condiviso da altri studiosi, secondo i quali questa separazione ha rappresentato per la Soka Gakkai una vera liberazione e il passo definitivo verso lo status di organizzazione per la diffusione di una religione universale.
La discriminazione come espressione di potere
Queste affermazioni non vogliono negare che la Nichiren Shoshu abbia svolto in un dato periodo storico una funzione importante per lo sviluppo del movimento di kosen-rufu. La cura e la protezione del Gohonzon iscritto nel secondo anno dell’era Koan (1279), in seguito denominato Dai-Gohonzon (“Dai” significa “grande”, nel senso di grande formato) erano tradizionalmente affidate ai patriarchi che si sono nel tempo succeduti all’interno della Nichiren Shoshu. Proteggere e conservare questo Gohonzon era dunque una prerogativa e un compito del patriarca. Un ruolo al quale la Soka Gakkai, come organizzazione laica, ha sempre dato sostegno con instancabile dedizione. Fino alla separazione del 1991, il supporto della Soka Gakkai alla Nichiren Shoshu è stato costante e leale e si è manifestato in diverse azioni: il salvataggio della Nichiren Shoshu dal grave dissesto materiale e finanziario dopo la seconda guerra mondiale, la donazione di un gran numero di templi nei decenni successivi, la ristrutturazione di numerosi edifici del clero, la costruzione dello Sho-Hondo (il Tempio principale), il sostegno finanziario per il mantenimento della Scuola stessa.
Ma nel 1991 la Nichiren Shoshu stravolse del tutto la sua funzione di custode del Gohonzon e arrivò a utilizzare l’oggetto di culto che Nichiren Daishonin aveva donato a tutta l’umanità come uno strumento di potere e discriminazione: decise infatti, arbitrariamente, di non consegnare più il Gohonzon ai membri della Soka Gakkai che, di conseguenza, si trovarono per qualche anno nell’impossibilità di riceverlo. Finalmente nel 1993 il prete Sendo Narita, responsabile del tempio Joen che si era dissociato dalla Nichiren Shoshu nel novembre del 1992, decise di donare un Gohonzon iscritto dal patriarca Nichikan Shonin alla Soka Gakkai, affinché potesse di nuovo consegnare il Gohonzon ai praticanti che ne facevano richiesta, per la realizzazione di kosen-rufu nel mondo. La Nichiren Shoshu, nel tentativo di screditare i Gohonzon così prodotti, sostenne allora che per essere “attivo” e poter garantire il conseguimento della Buddità, il Gohonzon doveva necessariamente aver ricevuto una cerimonia di “apertura degli occhi”, un rito non meglio specificato che solo il patriarca può officiare, in virtù del quale il Gohonzon acquisirebbe un potere che altrimenti non gli appartiene.
È evidente la differenza fra il messaggio della Soka Gakkai, che incoraggia le persone a sviluppare la propria umanità e a realizzare la propria rivoluzione umana recitando Daimoku davanti al Gohonzon, contribuendo così alla felicità degli altri con lo stesso spirito di Nichiren Daishonin, e quello della Nichiren Shoshu secondo cui questo processo di rivoluzione umana non è possibile se non è un patriarca ad “attivare” il Gohonzon. In un’epoca di grande propagazione portata avanti dalla Soka Gakkai, la Nichiren Shoshu ha scelto di contrapporre l’intermediazione all’emancipazione e la discriminazione all’uguaglianza, negando di fatto il concetto di base per il quale ognuno può abbracciare il Gohonzon grazie alla propria fede, senza alcun intermediario.
Una nuova epoca
L’emancipazione dalla Nichiren Shoshu ha rappresentato l’inizio di una nuova epoca per la propagazione del Buddismo di Nichiren Daishonin. La scissione da coloro che negavano il diritto di ogni persona di abbracciare il Gohonzon iscritto per la felicità di tutta l’umanità era pertanto inevitabile.
I membri della Soka Gakkai reagirono alla “richiesta di scioglimento” da parte della Nichiren Shoshu, inviata il 28 novembre 1991, celebrando quel giorno come il giorno dell’indipendenza spirituale della Soka Gakkai. Milioni di persone in tutto il mondo firmarono una petizione nella quale chiedevano le dimissioni del patriarca Nikken, e anche diversi preti si dissociarono dalla Nichiren Shoshu, formando poi tre associazioni di preti riformatori della Nichiren Shoshu.
Vale la pena ricordare che fra le accuse rivolte dalla Nichiren Shoshu alla Soka Gakkai nel periodo precedente alla “richiesta di scioglimento”, c’era quella di adottare insegnamenti non buddisti per aver cantato l’Inno alla gioia di Beethoven durante una riunione di responsabili della Soka Gakkai, alla presenza di Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai Internazionale.
Questa accusa evidenziava in maniera lampante l’incapacità di comprendere la portata del movimento di kosen-rufu promosso dalla Soka Gakkai, che si esprime anche nel creare ponti di relazioni umane, di comprensione e rispetto reciproci tra le persone e le culture di tutto il mondo, a dimostrazione dell’universalità del messaggio del Daishonin. Una visione umanistica e globale della religione che la Nichiren Shoshu si rifiutava di comprendere e abbracciare.
Un’autentica “rivoluzione” religiosa
Quali sono dunque le motivazioni che hanno condotto la Nichiren Shoshu, un gruppo di preti relativamente ristretto, a chiedere lo scioglimento della Soka Gakkai, un’organizzazione laica che contava allora più di dieci milioni di membri? E, soprattutto, un’organizzazione grazie alla quale il Buddismo di Nichiren Daishonin e la Nichiren Shoshu stessa avevano raggiunto uno sviluppo senza precedenti, inimmaginabile anche solo pochi decenni prima?
Nei capitoli che seguono avremo modo di analizzare in dettaglio le vicende storiche che hanno portato alla scissione del 1991, e soprattutto le differenze dottrinali emerse. Approfondiremo perché importanti insegnamenti del Daishonin siano stati disattesi, ignorati o alterati dalla Nichiren Shoshu, e in che modo delle consuetudini prive di fondamento dottrinale siano state considerate elementi basilari e imprescindibili della fede. Analizzeremo come la scissione fra la Soka Gakkai e la Nichiren Shoshu non sia stato un avvenimento improvviso e imprevisto, bensì la logica conseguenza di problemi presenti sin dai tempi di Makiguchi e Toda. Ma prima di entrare nel merito di tutto ciò, c’è un aspetto fondamentale che è necessario mettere in evidenza: questa scissione è, in primis,l’inevitabile conseguenza di due concezioni del Buddismo del Daishonin molto diverse tra loro. Da una parte la religione formale dedita a riti e cerimonie a cui si era ridotto il Buddismo per centinaia di anni all’interno della Nichiren Shoshu, dall’altra il Buddismo della “rivitalizzazione”, il Buddismo delle persone comuni portato avanti dalla Soka Gakkai con la consapevolezza dell’inseparabilità tra fede e vita quotidiana.
Dal Buddismo dell’intermediazione al Buddismo dell’accesso diretto all’oggetto di culto da parte di ogni persona, per la felicità di tutta l’umanità; dal Buddismo della subordinazione dei laici al Buddismo incentrato su ogni singolo individuo, dove ognuno gioca un ruolo centrale, da protagonista.
Tsunesaburo Makiguchi e la fondazione della Soka Gakkai
Tsunesaburo Makiguchi nacque il 6 giugno 1871 a Niigata, Giappone. Fu un educatore con una visione del tutto innovativa e fuori dal comune, in un’epoca in cui il governo giapponese stentava ancora a superare una visione feudale del mondo. Nel 1903, a trentadue anni, pubblicò La geografia umana, promuovendo l’idea di una “cittadinanza globale”, in forte antitesi con il nazionalismo del tempo, proprio nel momento in cui gran parte degli intellettuali giapponesi si schieravano a favore dell’imperialismo e della guerra russo-nipponica.
Makiguchi si identificava nell’opera di John Dewey, filosofo e pedagogo nord americano, suo contemporaneo, che come lui ammirava Kant e Hegel: li accomunava lo sforzo nel diffondere una filosofia in grado di guidare le persone verso un progressivo miglioramento della condizione vitale. Ciò che Dewey definiva come “crescita continua”, per Makiguchi era la “creazione di valore”, come esposta nell’opera Teoria pedagogica e creazione di valore.
All’età di cinquantasette anni Makiguchi abbracciò il Buddismo di Nichiren Daishonin. Egli credeva fermamente che la religione dovesse servire all’essere umano e non viceversa, contribuendo al miglioramento della vita delle persone e della società. Nel 1928, mentre preparava il primo volume della sua Teoria pedagogica, iniziò a studiare il Sutra del Loto e fu colpito dalla piena corrispondenza dei principi scientifici con l’interpretazione che Nichiren dava del Sutra: la vita umana è il più prezioso di tutti i tesori.
Lo stesso anno si convertì al Buddismo del Daishonin insieme a Josei Toda, un insegnante di scuola elementare che aveva conosciuto nel 1920.
Nel 1930 Makiguchi ripartì dallo spirito di Nichiren Daishonin e diede un nuovo impulso allo sviluppo di kosen-rufu fondando la Soka Kyoiku Gakkai (Società educativa per la creazione di valore), un’associazione formata a quel tempo prevalentemente da educatori, che aveva come scopo iniziale la riforma del sistema pedagogico. Ben presto però, l’associazione spostò l’attenzione dall’ambito educativo allo studio e alla propagazione degli insegnamenti di Nichiren. A partire dal 1933 cominciò a tenere corsi annuali di studio del Buddismo e, in meno di dieci anni, arrivò a contare circa duemila membri.
Con l’inizio della seconda guerra mondiale, il governo militarista giapponese cominciò a reprimere ogni forma di libertà e, in nome della sicurezza nazionale, obbligò tutti i gruppi religiosi a unificarsi sotto l’egida dello Shintoismo, che divenne religione di stato.
La Nichiren Shoshu accettò di fondersi con le altre scuole Nichiren e di esporre i talismani shintoisti accanto al proprio oggetto di culto, mentre Makiguchi e Toda si opposero con fermezza all’ingerenza del governo, e in generale alla politica militarista di quegli anni.
Da quel momento la persecuzione delle autorità si spostò dalla Nichiren Shoshu alla Soka Kyoiku Gakkai. Un prete della Nichiren Shoshu, Jimon Ogasawara, distorse gli insegnamenti del Daishonin per giungere a un compromesso con il governo militare e cercò di manovrare il clero in tal senso. Egli sosteneva che, se la Nichiren Shoshu non avesse accettato di porre accanto al Gohonzon il talismano shintoista (una lunga striscia di carta che recava il nome della divinità shinto Amaterasu) come chiedeva il governo, sarebbe stata denunciata al ministero dell’educazione.
Nel giugno del 1943, il presidente Makiguchi e Toda furono convocati al Tempio principale e, alla presenza del patriarca Nikkyo, il clero ordinò alla Soka Gakkai di accettare il talismano scintoista. Makiguchi e Toda rifiutarono.
In seguito, Makiguchi fu arrestato con l’accusa di aver violato la legge per la preservazione della pace e di non aver rispettato i santuari shintoisti (6 luglio 1943). Dopo aver subìto un interrogatorio sommario, venne rinchiuso in condizioni di estrema durezza: consumato dal freddo e dalla denutrizione morì in prigione il 18 novembre 1944, a settantatré anni.
Toda fu arrestato insieme ad altri responsabili, ma fu l’unico a mantenere le sue convinzioni e perciò fu trattenuto in carcere. Fu liberato il 3 luglio 1945: la città di Tokyo era un cumulo di rovine a causa dei bombardamenti e i membri della Soka Kyoiku Gakkai erano tutti dispersi.
Josei Toda e la ricostruzione della Soka Gakkai
Durante i due anni trascorsi in prigione Toda si dedicò intensamente allo studio del Buddismo e alla recitazione del Daimoku. Arrivò così a comprendere l’essenza del Buddismo di Nichiren Daishonin e decise che non appena fosse uscito di prigione avrebbe condiviso questo insegnamento con più persone possibili. Sopravvisse alla tremenda esperienza della prigione e fu liberato poche settimane prima della fine della guerra; era estremamente provato dal duro regime detentivo, tanto che al momento del suo rilascio pesava appena quaranta chili. Una volta riunita la sua famiglia, decise di ricostruire la Soka Kyoiku Gakkai, anche se in quel momento sembrava a tutti un’impresa impossibile. Non solo riuscì nel suo intento, ma ampliò anche il suo campo d’azione: le attività dell’associazione trascesero l’ambito educativo per estendersi al miglioramento della società nel suo insieme. Per rafforzare le persone Toda promosse una forma di Buddismo “attivo”: un modo di superare gli ostacoli e le difficoltà e far sorgere speranza, fiducia, forza e saggezza inerenti alla propria vita. Un messaggio che risuonò specialmente tra le persone che soffrivano di più. Il dinamismo con cui Toda promosse le attività lo portò, il 3 maggio 1951, ad assumere la carica di secondo presidente della Soka Gakkai (Società per la creazione di valore).
A seguito della guerra, il Taiseki-ji era in rovina e il clero della Nichiren Shoshu, il cui sostentamento dipendeva dalle offerte dei credenti, era in gravi difficoltà; per questa ragione iniziò a ipotizzare di convertire il tempio in una sorta di attrazione turistica per ottenere le risorse necessarie alla manutenzione, e i rappresentanti del clero iniziarono a tal fine a stringere rapporti con le autorità locali.
Di fronte a questo progetto Toda propose una soluzione alternativa, che avrebbe garantito il sostentamento economico del clero e al tempo stesso il rispetto della sacralità del luogo di culto. Ebbero così inizio i pellegrinaggi mensili al Taiseki-ji da parte dei membri della Soka Gakkai, consapevoli del valore e del significato del tempio. Grazie a questa iniziativa, la Nichiren Shoshu arrivò a essere una delle scuole più importanti del Giappone. Parallelamente Toda promosse la pubblicazione della prima edizione del Gosho Zenshu, la raccolta completa degli scritti di Nichiren Daishonin, pubblicata il 28 aprile 1952, con la collaborazione del patriarca a riposo Nichiko Hori. Nonostante tutto ciò, solo una parte del clero apprezzava il sostegno sincero e determinante della Soka Gakkai, ma non i rappresentanti più influenti della Nichiren Shoshu.
Il caso Ogasawara
Alla fine di aprile del 1952, durante le celebrazioni al Taiseki-ji del settecentesimo anniversario della fondazione del Buddismo di Nichiren Daishonin, alcuni membri della Divisione giovani della Soka Gakkai si scontrarono con un prete della Nichiren Shoshu, Jimon Ogasawara, che in precedenza era stato scomunicato per aver sostenuto un principio non ortodosso da lui stesso elaborato. Egli aveva esposto una dottrina (shimpon busshaku) secondo cui il Buddismo era inferiore allo Shintoismo, affermando che la Dea del Sole era il vero Budda e che il Budda Shakyamuni rappresentava solo una manifestazione transitoria di questa dea. Arrivò a dichiarare che la Dea del Sole era l’essere meraviglioso che aveva proclamato Nam-myoho-renge-kyo al popolo giapponese e addirittura che questo insegnamento era parte della filosofia di Nichiren. Inoltre, appoggiò il governo nel riunire tutte le scuole del Buddismo del Daishonin, e fu tra coloro che tramarono per far arrestare Makiguchi e Toda nel 1943. Pur avendo svolto tali azioni riprovevoli, Ogasawara manteneva la sua posizione all’interno della Nichiren Shoshu.
Ritenendolo responsabile dell’arresto e della morte di Makiguchi, i giovani della Soka Gakkai non poterono fare a meno di usare parole severe con lui e lo portarono a chiedere scusa sulla tomba di Makiguchi, visto che non lo aveva mai fatto prima. Ogawasara chiese scusa, ma dopo qualche tempo ritrattò e davanti al resto dei preti disse di essere stato costretto con la violenza a farlo.
La Nichiren Shoshu chiese a Toda di scrivere una lettera di scuse riguardo al comportamento dei membri della Divisione giovani verso questo esponente del clero; chiese inoltre che Toda fosse esonerato dal ruolo di rappresentante dei laici e gli venisse proibito visitare il Tempio principale.
Toda assunse su di sé tutta la responsabilità delle azioni dei giovani. Più tardi scrisse a riguardo: «Pensai che sarei stato ricompensato per la mia lealtà, poiché avevo rifiutato azioni contro la Legge, ma invece delle lodi ricevetti rimproveri. […] Come è chiaramente esposto nella descrizione dei tre potenti nemici, una delle caratteristiche della gente perversa è espellere dai templi i devoti del Sutra del Loto».
Daisaku Ikeda, il terzo presidente
Nel 1960, due anni dopo la morte di Toda, il suo discepolo Daisaku Ikeda divenne presidente della Soka Gakkai. Durante la cerimonia di nomina a terzo presidente, egli promise di costruire fondamenta indistruttibili per l’organizzazione, senza risparmiare la propria vita. Nell’ottobre dello stesso anno, accompagnato da un gruppo di giovani della Soka Gakkai, Ikeda partì per il primo viaggio oltreoceano. Grazie alla sua determinazione e ai suoi sforzi incessanti, due anni dopo i membri della Soka Gakkai arrivarono a superare i tre milioni di famiglie e dieci anni dopo erano sette milioni e mezzo.
Nei primi dodici anni della sua presidenza, Ikeda fondò l’Associazione concertistica Min On (1963), la Scuola Soka (1968), l’Università Soka (1971) e il Tokyo Fuji Art Museum (1973). Inoltre nel 1968 promosse la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Cina e Giappone. Nel 1972 diede inizio a una lunghissima e feconda serie di dialoghi con esponenti internazionali provenienti dai più svariati ambiti del sapere, tra cui ricordiamo lo storico britannico Arnold Toynbee, con il quale intrattenne un dialogo pubblicato in seguito in ventisette lingue, compreso l’italiano.
Il 26 gennaio 1975 fondò la Soka Gakkai Internazionale (di seguito citata come SGI) in risposta alla diffusione del Buddismo di Nichiren Daishonin nei paesi di tutto il globo. In tutti questi anni per i membri al di fuori del Giappone le uniche relazioni con il clero della Nichiren Shoshu furono le cerimonie di Gojukai (cerimonia di conferimento dei precetti del Buddismo durante la quale i fedeli laici ricevevano il Gohonzon) e i pellegrinaggi al Taiseki-ji.
Le vicende del 1979
Se la Nichiren Shoshu da un lato accoglieva con entusiasmo la diffusione del Buddismo fuori dal Giappone – anche perché questo significava disporre di nuove forme di sostegno finanziario – dall’altra temeva la crescita continua della Soka Gakkai e l’autonomia che andava acquisendo con il passare del tempo.
Questa situazione portò un gruppo di preti della Nichiren Shoshu, denominatosi Shoshinkai, a fare pressioni sempre più forti sul patriarca affinché prendesse posizione contro la Soka Gakkai.
Nel 1974 una questione riguardante il Gohonzon inasprì il contrasto: il patriarca Nittatsu e il presidente Ikeda avevano fatto un accordo secondo cui la Nichiren Shoshu iscrisse dei particolari Gohonzon in legno per alcuni centri della Soka Gakkai. Questo suscitò il disappunto del gruppo Shoshinkai, che considerava questo accordo un pericolo per il clero: si rischiava infatti di avere sempre meno fedeli nei templi e ricevere quindi sempre meno offerte.
Messo in difficoltà da queste critiche, per placare le polemiche il patriarca chiese alla Soka Gakkai di restituire i Gohonzon in legno. La Soka Gakkai li restituì nel settembre del 1978, ma le polemiche non cessarono.
Più o meno contemporaneamente alla disputa dei Gohonzon in legno successivamente restituiti, due alti responsabili della Soka Gakkai, Takashi Harashima e Fukushima Gengiro, si autoconvinsero di essere “degni” successori di Ikeda e manifestarono nei suoi confronti un’eccessiva devozione, definendolo senza mezzi termini il nuovo Budda originale. Il suo romanzo La Rivoluzione umana venne da loro considerato come il Gosho dei nostri tempi. Si trattava di affermazioni chiaramente errate e devianti, che i preti della Nichiren Shoshu strumentalizzarono per legittimare le accuse di eresia imputate alla Soka Gakkai. Allo stesso tempo, il responsabile del dipartimento legale della Soka Gakkai, l’avvocato Masatomo Yamazaki, cominciò a tramare contro la Soka Gakkai insieme ad alcuni preti della Nichiren Shoshu, alla ricerca di prestigio e interesse personali. Egli aveva ideato un piano dal nome “Proposta per l’operazione futura” che prevedeva lo spostamento di duecentomila membri della Soka Gakkai nell’organizzazione clericale (come membri danto, seguaci laici affiliati direttamente al tempio della Nichiren Shoshu). Suggeriva anche di organizzare riunioni per attaccare la Soka Gakkai e il suo presidente, Daisaku Ikeda7.
La polemica diventò sempre più rovente e il patriarca Nittatsu arrivò a chiedere a Ikeda di dimettersi dalla carica di sokoto (responsabile di tutte le organizzazioni laiche della Nichiren Shoshu). Ma l’ufficio amministrativo della Nichiren Shoshu chiese anche le sue dimissioni da tutte le cariche della Soka Gakkai e la pubblicazione di scuse formali sul Seikyo Shimbun, il quotidiano della Soka Gakkai. Il 24 aprile 1979 Daisaku Ikeda si dimise da presidente della Soka Gakkai, rimanendo presidente onorario e presidente della Soka Gakkai Internazionale, e Hiroshi Hojo divenne il quarto presidente della Soka Gakkai.
Da quel momento Ikeda intensificò i suoi sforzi, incontrando e incoraggiando singolarmente i membri della Soka Gakkai e iniziando una fitta serie di dialoghi sulla pace e sul futuro dell’umanità con molte personalità internazionali.
Il 3 maggio 1979 si tenne la riunione generale dei responsabili della Soka Gakkai, in un’atmosfera mesta e triste. Uscendo dalla riunione Ikeda andò direttamente al centro culturale di Kanagawa, a Yokohama.
Lì decise che avrebbe vinto mantenendo fino in fondo le proprie convinzioni.
Con lo sguardo rivolto al mondo intero, scrisse su un foglio la parola “Giustizia”, e nell’angolo in basso a destra scrisse “Porterò da solo il vessillo della giustizia”.
Così cominciò la sua lotta, con una visione ancora più ampia di quella che aveva avuto fino ad allora. Pochi mesi dopo, il 22 luglio, il patriarca Nittatsu Shonin morì e il 6 agosto gli successe Nikken Shonin, in circostanze poco chiare. I preti del gruppo Shoshinkai denunciarono l’illegittimità della nomina di Nikken, affermando che egli non aveva ricevuto la trasmissione della Legge.
“Operazione C”. Antefatti
A seguito delle proteste contro la nomina di Nikken, nel febbraio 1980 i preti Shoshinkai furono espulsi dalla Nichiren Shoshu. Subito dopo, il patriarca Nikken chiese per tre volte a Ikeda di riassumere tutte le cariche lasciate un anno prima, compresa quella di sokoto, e alla terza richiesta accettò. Sembrava l’inizio di un nuovo spirito collaborativo tra laici e clero, ma in realtà durò molto poco8. Intanto le attività per la pace, la cultura e l’educazione promosse dalla Soka Gakkai continuavano a svilupparsi, non solo in Giappone, e nel 1980 e 1981 Ikeda compì una serie di viaggi in tutto il mondo, che gettarono le basi per l’attuale diffusione mondiale del Buddismo del Daishonin.
Consapevole del danno provocato dalla perdita degli ottanta templi a causa della scissione del gruppo Shoshinkai, nel 1983 la Soka Gakkai si impegnò a costruire per la Nichiren Shoshu duecento nuovi luoghi di culto entro venti anni.
Tuttavia, il patriarca Nikken non era soddisfatto dell’offerta e chiese alla Soka Gakkai di costruirne duecentocinquanta in soli dieci anni. Dopo alcune trattative si stabilì di costruire duecento templi in dieci anni, un impegno straordinario considerate le difficoltà di acquisizione di nuovi terreni e i prezzi vertiginosi.
Tra il 1984 e il luglio del 1990 la Soka Gakkai consegnò centoundici templi, frutto della sincerità dello spirito dell’offerta di tutti i membri.
Per inciso, la Soka Gakkai fino a quel momento aveva offerto alla Nichiren Shoshu trecentosessantacinque templi, trecentoventi dei quali sotto la presidenza di Daisaku Ikeda. Ma tutto ciò non era sufficiente per Nikken, che si lamentava degli “incomprensibili” ritardi, mentre i preti a capo dei templi, unici responsabili dell’utilizzo delle offerte dei membri laici, alzavano continuamente le loro richieste, per mantenere i propri standard di vita sempre più elevati: abitazioni lussuose, auto sportive e altri generi di eccessi.
Nel frattempo la Soka Gakkai si sviluppava sempre più a livello internazionale e crescevano di pari passo la stima e il rispetto per l’impegno pacifista e umanistico di Daisaku Ikeda, che riceveva numerosi premi e riconoscimenti.
Dopo ogni viaggio egli si recava dal patriarca per riferirgli dei risultati ottenuti, ma sempre più spesso questi parlava d’altro, rimproverandogli con rabbia i ritardi nella consegna di qualche tempio9.
I rapporti con il clero si inasprivano sempre più. In seguito venne alla luce che la Nichiren Shoshu stava segretamente escogitando un piano per esautorare Ikeda e far confluire i membri della Soka Gakkai nella Nichiren Shoshu, affiliandoli ai diversi templi.
Il piano, basato sulle macchinazioni della “Proposta per l’operazione futura” ideata dall’avvocato Masatomo Yamazaki, passò alla storia come “Operazione C”, da cut, tagliare, cioè separare, spezzare il legame tra i membri della Soka Gakkai e il presidente Ikeda. Questo piano era articolato su tre direttrici: le dimissioni di Daisaku Ikeda; la fine dell’autonomia della Soka Gakkai; l’inserimento dei suoi membri nei gruppi danto (affiliati direttamente ai templi della Nichiren Shoshu), pena il divieto di recarsi al Taiseki-ji.
False accuse alla Soka Gakkai
Il 13 dicembre 1990, in occasione di una riunione congiunta dei responsabili degli uffici amministrativi della Soka Gakkai e della Nichiren Shoshu, il reverendo Fujimoto Nichijun, responsabile del Dipartimento di studio e una delle figure più influenti della Nichiren Shoshu, chiese spiegazioni, tramite un questionario, su alcune frasi del discorso di Daisaku Ikeda in occasione della trentacinquesima riunione dei responsabili di centro della Soka Gakkai (16 novembre 1990).
L’intervento di Ikeda era stato inciso su un’audiocassetta, che si appurò con certezza essere stata contraffatta. In particolare le domande erano volte a conoscere l’opinione dei presenti in merito alla relazione tra clero e laici; la loro posizione sulla liceità di eseguire l’Inno alla gioia della Nona sinfonia di Beethoven su testo di Schiller, con riferimenti alla religione cristiana, in una riunione di responsabili buddisti; infine la loro opinione in merito al fatto che la Gakkai stesse dando eccessiva importanza alle attività culturali rispetto a quelle più specificamente religiose.
L’allora quinto presidente della Soka Gakkai Einosuke Akiya, presente alla riunione, respinse il questionario e successivamente la Soka Gakkai chiese un incontro con i rappresentanti del Tempio principale per poter chiarire la questione, e presentò a sua volta un questionario in nove punti per fare chiarezza su vari aspetti del comportamento dei preti e del patriarca, ritenuti assai discutibili. Il 26 dicembre 1990 la Nichiren Shoshu rese pubblico a mezzo stampa, senza neanche avvertire preliminarmente la Soka Gakkai, un cambiamento del regolamento interno del tempio, che di fatto sollevava il presidente Ikeda dalla carica di responsabile di tutte le organizzazioni laiche della Nichiren Shoshu (sokoto); in più un nuovo comma prevedeva l’espulsione dal Tempio di chi criticava il patriarca.
Sospensione della consegna dei Gohonzon e “Operazione C” nel mondo
L’1 gennaio 1991 l’ufficio amministrativo della Nichiren Shoshu informò la Soka Gakkai della sospensione delle consegne dei Gohonzon alle persone che vivevano fuori dal Giappone, a causa della «cattiva comprensione della dottrina da parte dei membri d’oltremare». Nikken rifiutò di ricevere il presidente e il direttore generale della Soka Gakkai per gli abituali saluti del nuovo anno presso il Tempio principale: da quel momento il patriarca chiuse ogni possibilità di contatto con la motivazione che erano “indegni” di avere udienza da lui.
Finita l’incertezza sulle vere intenzioni del Tempio, la Soka Gakkai organizzò riunioni informative in tutto il mondo, a ogni livello dell’organizzazione.
I membri della SGI poterono finalmente avere una piena visione della realtà della Nichiren Shoshu, una realtà che fino ad allora era stata loro risparmiata dagli sforzi continui nel ricercare l’unità e un dialogo costruttivo con il clero.
Risposta alla Nichiren Shoshu
La Soka Gakkai inviò a tutti i templi locali le copie dell’audiocassetta con la versione non manipolata del discorso di Daisaku Ikeda del 16 dicembre. Due giorni dopo Fujimoto Nichijun, il reverendo che aveva presentato il questionario, rivolse le sue scuse alla Gakkai con un comunicato pubblico, ma nessuno dei provvedimenti presi dalla Nichiren Shoshu venne revocato.
La Soka Gakkai allora inviò la sua prima lettera di protesta ufficiale e pubblica. Con toni molto fermi denunciava la contraffazione del nastro registrato e ne domandava ragione, richiedendo inoltre le scuse ufficiali del Tempio al presidente Ikeda, diffamato con false accuse di offesa alla Legge, all’insegnamento del Daishonin e al patriarca. In più, tenendo conto della lettera di scuse del reverendo Fujimoto, la Soka Gakkai domandava ragione della sproporzione tra un’accusa rivelatasi falsa e dei provvedimenti gravissimi e permanenti.
La lettera di protesta della Gakkai terminava con tre richieste:
• che la Nichiren Shoshu si aprisse al mondo nella maniera in cui si conviene nell’epoca della democrazia;
• che la Nichiren Shoshu, basandosi sullo spirito originale del Daishonin, facesse ammenda delle sue tendenze al dogmatismo e all’autoritarismo e che da quel momento in avanti si astenesse dall’offendere i credenti;
• che la Nichiren Shoshu potesse essere un esempio degno di rispetto del Buddismo di Nichiren Daishonin, mettendo in guardia i suoi preti dalla corruzione, affinché potessero infine diventare persone meritevoli per kosen-rufu.
L’unica risposta alla lettera di protesta fu un fax del reverendo Fukuda, responsabile degli affari d’oltremare della Nichiren Shoshu: «La mia determinazione è l’annientamento della Gakkai in Giappone, così come all’estero. Vi annuncio di aver già iniziato a smantellare le strutture della SGI in Asia. Con la presente dichiaro guerra alla Gakkai».
Divieto di visitare il Taiseki-ji
La mossa successiva della Nichiren Shoshu fu, il 16 marzo 1991, la sospensione per i membri della Soka Gakkai dei pellegrinaggi mensili al Taiseki- ji, iniziati grazie all’iniziativa di Toda. Da quel momento, per poterlo visitare era richiesta l’iscrizione a un tempio locale della Nichiren Shoshu, per la quale – obbligatoriamente – era necessaria la preventiva recessione da aderente alla Soka Gakkai. Le visite al Tempio principale passarono, in ventiquattro ore, da centoventimila alla settimana a poche centinaia.
Nel frattempo la Nichiren Shoshu promosse l’“Operazione C” in tutto il mondo, per portare a sé i membri della Gakkai, avvalendosi delle scarse informazioni in possesso dei membri nelle varie nazioni e contando su un certo “alone mistico” che l’immaginario, soprattutto europeo e americano, aveva attribuito ai preti.
Le argomentazioni con le quali si cercava di convincere i membri a lasciare la Soka Gakkai erano principalmente di tre tipi:
• “senza vedere il Gohonzon (quello che veniva chiamato Dai-Gohonzon) iscritto nel secondo anno dell’era Koan (1279) non ci può essere illuminazione”;
• “solo il Tempio è autorizzato a consegnare i Gohonzon”;
• continue critiche a Daisaku Ikeda.
Si trattava di subdole macchinazioni ed evidenti deviazioni dall’insegnamento di Nichiren Daishonin. I risultati di questo impegno della Nichiren Shoshu furono molto al di sotto delle aspettative, e anche dove inizialmente un certo numero di membri (comunque una stretta minoranza) lasciò la Soka Gakkai, fu sufficiente poco tempo a quegli stessi membri per rendersi conto della reale situazione e di cosa rappresentasse davvero il clero della Nichiren Shoshu.
Il 29 agosto 1991 il patriarca in persona incoraggiò, con un comunicato pubblico, i fedeli di tutto il mondo a dare le dimissioni dalla Gakkai, ma nei gruppi danto confluirono soprattutto coloro che avevano problemi con l’organizzazione laica o con qualcuno dei suoi esponenti.
Nell’ottobre del 1991 inoltre, la Nichiren Shoshu annunciò la sua decisione unilaterale di interrompere le consegne dei Gohonzon anche in Giappone. L’atto finale dell’“Operazione C” era nell’aria. Ma anche questa azione non produsse l’effetto sperato, ossia che la maggior parte dei membri della Soka Gakkai lasciasse l’organizzazione per entrare direttamente nella Nichiren Shoshu come credenti laici.
“Richiesta di scioglimento” della Soka Gakkai
Dopo aver verificato che nemmeno quest’ultimo provvedimento era riuscito a portare nella Nichiren Shoshu un numero consistente di membri della Soka Gakkai, il 28 novembre 1991 il clero emanò la “richiesta di scioglimento” della Soka Gakkai, sottoscritta da Abe Nikken e Fujimoto Nichijun: un atto giuridicamente senza valore perché la Gakkai, per volontà lungimirante di Toda, era un istituto autonomo dal Tempio.
L’eco di questa richiesta fu molto vasta, ma il suo effetto opposto alle intenzioni.
Un mese dopo, il 27 dicembre 1991, fu consegnata alla Nichiren Shoshu una petizione di oltre sedici milioni di firme raccolte in tutto il mondo, con la richiesta di dimissioni immediate del patriarca Nikken.
Il Gohonzon del patriarca Nichikan viene offerto alla Soka Gakkai
Il 12 dicembre 1992 il reverendo Sendo Narita, del tempio Joen, si dissociò dal Taiseki-ji. Nella sala dei Tesori del tempio era conservato un Gohonzon trascritto dal patriarca Nichikan Shonin. Sendo, con il beneplacito delle associazioni dei preti riformatori, lo donò alla Soka Gakkai, con la preghiera che, in accordo con l’insegnamento di Nichiren Daishonin, distribuisse Gohonzon prodotti attraverso questo Gohonzon, per la realizzazione di kosen-rufu nel mondo.
Il Gohonzon di Nichikan era importante perché nella storia della Nichiren Shoshu egli era stato l’unico patriarca a consegnare Gohonzon ai laici prima del ventesimo secolo. Nichikan aveva iscritto questo Gohonzon il 20 giugno 1720.
L’importanza riconosciuta al patriarca Nichikan e alla sua opera di propagazione soprattutto tra i laici, rendeva inattaccabile l’utilizzo di questo Gohonzon da parte della Soka Gakkai.
Nella riunione dei responsabili di centro del 7 settembre 1993 il presidente Akiya annunciò ufficialmente che la Soka Gakkai accettava l’offerta del tempio Joen.
Nikken esplose di rabbia e la Nichiren Shoshu arrivò ad affermare che, per essere “attivo” e poter garantire l’ottenimento della Buddità, un Gohonzon doveva essere oggetto di una particolare cerimonia detta di “apertura degli occhi” (kaigen in giapponese) da parte del patriarca, l’unica persona ad aver ricevuto la trasmissione del Buddismo di Nichiren Daishonin.
L’apice del disprezzo: la distruzione dello Sho-Hondo
Nonostante il fallimento dell’“Operazione C”, la Nichiren Shoshu continuò a mettere in atto azioni violente, avvalendosi anche di una feroce propaganda sui tabloid nazionali e stringendo alleanze con i partiti politici giapponesi per attaccare la Soka Gakkai.
Nel gennaio del 1993 Nikken fece tagliare i circa trecento alberi di ciliegio che fiorivano ogni primavera davanti al Tempio principale, solo perché erano stati offerti dalla Soka Gakkai.
Il 23 agosto 1994 ordinò la distruzione del salone del Taiseki-ji, costruito con le offerte dei membri della Gakkai.
Ma l’apice fu raggiunto quando decise di distruggere il Dai Kyakuden, la Grande Sala dei Ricevimenti e lo Sho-Hondo, il grande santuario di kosen-rufu, costruiti nell’area del Taiseki-ji grazie alle offerte dei membri della Soka Gakkai di tutto il mondo.
Inaugurato nel 1972, lo Sho-Hondo era un’opera architettonica apprezzata a livello internazionale. Aveva una struttura avveniristica, che si ispirava nella forma a due ali di airone (simbolo della famiglia dei Nanjo, che aveva donato a Nikko Shonin il terreno per la costruzione del tempio) spalancate in volo verso il cielo. Lo Sho-Hondo si trovava al centro del Tempio principale e, al suo interno, era stato trasferito il Gohonzon iscritto nel secondo anno dell’era Koan (1279).
La costruzione dell’edificio, la cui sala di preghiera poteva accogliere seimila persone, era stato proposto dalla Soka Gakkai. L’inaugurazione era avvenuta nel 1972, al termine del sesto ciclo dei “sette periodi di sette anni”, le tappe che segnano la storia dell’associazione laica a partire dal 1930. Era stato l’allora patriarca Nittatsu ad accettare la proposta della Soka Gakkai di costruire questo magnifico edificio.
Il significato del grande santuario
Nikken, contraddicendo le decisioni del patriarca Nittatsu, suo predecessore, nonché quanto da lui stesso affermato in precedenza in varie occasioni, nell’aprile del 1998 segretamente e in tutta fretta trasferì nel tempio Hoanden il Gohonzon iscritto nel secondo anno dell’era Koan (1279).
Subito dopo cominciò i lavori di demolizione dello Sho-Hondo, che costarono circa cinque miliardi di yen e si conclusero nel gennaio del 1999.
«Raramente un edificio dei nostri tempi ha oltrepassato i limiti localistici e culturali per parlare all’intera umanità. Forse l’eccezionalità di questa costruzione ha contribuito ad alimentare il suo deliberato disfacimento perché, nel corso della storia, le grandi realizzazioni hanno sempre suscitato forze contrastanti, mosse dall’invidia e dalla paura»: queste le parole del professor David G. De Long, della facoltà di Architettura dell’Università della Pennsylvania, uno dei numerosi studiosi che hanno scritto testimonianze contro la distruzione dello Sho-Hondo. Oggi lo Sho-Hondo non c’è più. Il 28 ottobre 1998 è stato abbattuto l’ultimo dei pilastri di sostegno della vela. Quel giorno Emyo, il quotidiano della Nichiren Shoshu, titolava a caratteri cubitali: «Membri della Soka Gakkai, arrendetevi!».
Nel dicembre del 2005 Nikken lasciò la carica di patriarca a favore di Hayase Nichinyo. Nel discorso inaugurale questi disse di voler continuare l’opera del suo predecessore15. Tanti membri della Soka Gakkai, venuti a conoscenza delle dimissioni di Nikken, pensarono che finalmente si sarebbe potuto tornare a un normale rapporto con il clero della Nichiren Shoshu. Ma nella realtà nulla è cambiato.
Le associazioni dei preti riformatori
Molti preti decisero di abbandonare la Nichiren Shoshu e fondarono delle associazioni di preti riformatori. Dopo l’attuazione dell’“Operazione C” da parte del clero, la “richiesta di scioglimento” della Soka Gakkai e la distruzione dello Sho-Hondo, un gran numero di preti, con i loro templi, cominciarono ad abbandonare la Nichiren Shoshu, motivando la decisione per iscritto direttamente al patriarca Nikken e discutendola prima con i rappresentanti laici dei propri templi.
Solo negli anni fra il 1992 e il 1999, più di quaranta templi con i rispettivi preti e i fedeli laici lasciarono il clero per aderire a tre diverse associazioni di preti riformatori, in accordo fra loro nel criticare il comportamento del patriarca, e decise a proteggere la purezza dell’insegnamento del Daishonin:
• Associazione dei preti per la riforma della Nichiren Shoshu. è formata dai preti che prima di entrare nel clero erano membri della Soka Gakkai e al momento della separazione dalla Nichiren Shoshu erano tutti responsabili di un tempio.
• Associazione dei giovani preti per la riforma della Nichiren Shoshu. è formata dai preti che non avevano ancora completato il corso di preparazione quando c’è stata la scissione.
• Associazione dei preti per la protezione della Legge.è formata da tutti i preti che non sono mai stati membri della Soka Gakkai.
I preti che fanno parte di queste tre associazioni sono uniti nel desiderio di dedicare la loro vita allo sviluppo di kosen-rufu e nel considerare Daisaku Ikeda come maestro. Essi si riuniscono regolarmente con i responsabili della Soka Gakkai dialogando e confrontandosi sulle tematiche più importanti, rinnovando sempre la determinazione di realizzare kosen-rufu16.
Due preti responsabili di due importanti templi, Yuren Fujita, reverendo capo del tempio Zencho della prefettura di Hiroshima, e Bando Sato del tempio Daien nella prefettura di Kanagawa, hanno dichiarato di «aver scelto di diventare preti per servire la gente grazie al potere del Gohonzon, come fece il Daishonin». In particolare il reverendo Fujita ha aggiunto di aver preso la decisione di abbandonare la Nichiren Shoshu perché si era reso conto che questa aveva deviato dal suo obiettivo corretto e aveva smarrito il cuore degli insegnamenti di Nichiren Daishonin. Il reverendo Bando Sato invece ha deciso di lasciare il clero indignato dal fatto che Nikken avesse affermato che il Gohonzon iscritto nel secondo anno dell’era Koan (1279) poteva essere un falso, non iscritto da Nichiren Daishonin, appoggiando il contenuto di un memorandum del prete Jitoku Kawabe.
Per Sato ciò significava che il patriarca aveva negato le basi della fede del Daishonin e, quindi, stava solo fingendo di svolgere il suo ruolo di patriarca. Si è saputo che Nikken, allora capo del Dipartimento di studio della Nichiren Shoshu, disse: «Il Dai-Gohonzon del grande santuario è stato contraffatto. Ho scoperto ciò attraverso l’esame delle pennellate dei caratteri cinesi».
Secondo Nikken, sarebbe stato falsificato al tempo del sesto o del nono patriarca, molto tempo dopo la morte del Daishonin. Nessun altro patriarca aveva mai espresso dubbi sull’autenticità di questo Gohonzon che era sempre stato il fondamento della fede della Nichiren Shoshu.
Da notare inoltre che il reverendo Sato, entrato nel clero circa quaranta anni prima, era sempre stato molto vicino a Nikken; il suo allontanamento è risultato perciò del tutto inaspettato, come pure è sorprendente che anche i suoi tre figli, tutti preti, abbiano deciso di lasciare la Nichiren Shoshu.
L’espansione della Gakkai dopo la scissione dalla Nichiren Shoshu
È comune l’opinione secondo cui lo scisma del 1991 abbia permesso alla Soka Gakkai di assumere una posizione più aperta, in grado di accogliere tutti, come avevano già fatto Shakyamuni e Nichiren aprendosi a categorie di persone, come le donne, che erano sempre state considerate inferiori.
Con la scissione dal clero la Gakkai ha accelerato un processo di ricerca dello spirito originario del Daishonin, mentre la Nichiren Shoshu, che si sentiva legittimata dal possesso del Gohonzon iscritto nel secondo anno dell’era Koan (1279), è tornata nei limiti del tempio, confinando lo spirito della propagazione nella rigidità e nella ritualità.
La SGI si è aperta al mondo e si è allontanata sempre più da una posizione esclusivista, incoraggiando la cooperazione con la cultura dei vari paesi. In altre parole ha tradotto in pratica gli ideali di cosmopolitismo e umanesimo di cui parla Daisaku Ikeda.
Dall’altra parte la scissione del 1991 è stata la rottura inevitabile, il culmine naturale di un processo iniziato dal presidente Makiguchi e proseguito dai presidenti Toda e Ikeda. Makiguchi, fondando la Soka Kyoiku Gakkai, aveva spezzato il processo di chiusura e conservatorismo che aveva caratterizzato fino ad allora la Nichiren Shoshu. Con la fondazione della Soka Kyoiku Gakkai, Makiguchi aveva recuperato lo spirito di propagazione che Nichiren aveva estrapolato dal Sutra del Loto e trasmesso ai suoi discepoli. Dopo la guerra Josei Toda, facendo rivivere il desiderio del suo maestro di mantenere puro lo spirito del Daishonin, avviò una riforma del clero, incoraggiando tutti, preti e laici, a dare un forte slancio alla propagazione.
Dal 1960, anno dell’assunzione della presidenza da parte di Ikeda, le forze negative, che da sempre hanno cercato di impedire la diffusione del Buddismo, sono notevolmente aumentate, in proporzione agli sforzi fatti nella propagazione. Ikeda ha diffuso il Buddismo in tutto il mondo, in accordo con gli insegnamenti del Sutra del Loto, e come accadde anche nella vita del Daishonin, i tre potenti nemici sono apparsi per ostacolare la diffusione della Legge.
Senza gli sforzi dei tre presidenti Makiguchi, Toda e Ikeda, e senza lo spirito combattivo dei membri della Soka Gakkai, la chiusura e il conservatorismo che avevano caratterizzato la Nichiren Shoshu fin dalla morte di Nichimoku avrebbero continuato a ostacolare la propagazione. E il grande desiderio di Nichiren Daishonin di realizzare la felicità e l’armonia in tutto il mondo sarebbe rimasto del tutto inascoltato.