Il concetto buddista di unità (itai doshin)

Il Buddismo pone un accento molto forte sui legami umani che formano il contesto in cui gli insegnamenti (la Legge o Dharma) vengono praticati e trasmessi. Si può paragonare questa rete di connessione ai fili che vengono intrecciati in un tessuto, dove l’ordito verticale corrisponde ai legami maestro-discepolo e la trama orizzontale alle relazioni di sostegno reciproco fra credenti.
Anche se il valore più elevato va riconosciuto all’insegnamento in sé e per sé – e infatti il Daishonin rammenta spesso ai suoi seguaci di “seguire la Legge e non la persona” – i suoi scritti sono pieni di riferimenti all’importanza di sviluppare e mantenere un’armoniosa unità. In una lettera si legge: «[…] i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino Nam-myoho-renge-kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, senza alcuna distinzione fra loro, uniti come i pesci e l’acqua» (L’eredità della Legge fondamentale della vita, RSND, 1, 190).

 

Questa lettera fu scritta nel periodo in cui una piccola comunità di discepoli di Nichiren stava affrontando una dura persecuzione da parte delle autorità feudali. Il Daishonin incoraggiò i suoi seguaci a non perdere la speranza, benché fossero in pochi, scrivendo: «Quando fra le persone prevale lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, esse realizzeranno tutti i loro scopi, mentre se hanno uno “stesso corpo e diverse menti” non possono ottenere niente di notevole» (Diversi corpi, stessa mente, RSND, 1, 550).

L’espressione usata da Nichiren: “diversi corpi, stessa mente” è composta da quattro caratteri cinesi che si possono anche interpretare “con corpi diversi ma uguali nello spirito”. È fondamentale notare che il tipo di unità cui si tende non è un uniformarsi meccanico, imposto dall’esterno con la coercizione, ma pone al centro il rispetto per le qualità uniche e irripetibili di ogni individuo (“diversi corpi”). Come sottolinea il presidente Ikeda, un’unità di questo tipo nasce quando le persone fanno tesoro dell’insostituibile unicità di ogni individuo, cercando di tirare fuori il meglio da ciascuno.
Al contrario, l’espressione “diversi corpi, diverse menti” denota una situazione di totale disunità, mentre “stesso corpo e stessa mente” si ha quando non vi è libertà di pensiero e l’individuo con le sue capacità uniche non viene affatto considerato, una condizione che non può che sfociare nel totalitarismo.
L’espressione “stessa mente” non significa che si debba adottare un modo uniforme di pensare o di valutare le cose; piuttosto, si punta a condividere l’impegno, profondamente sentito a livello individuale, di realizzare un obiettivo o un ideale comune. Offre un modello di solidarietà fra persone che lavorano per cambiare il mondo in positivo, dove ognuno ha una missione unica che soltanto lui o lei può realizzare, il proprio speciale contributo da dare. Lo spirito di sincera e spontanea collaborazione per un ideale comune crea l’ambiente adatto nel quale ogni persona può realizzare pienamente i propri talenti e qualità specifiche.
Nei primi anni quaranta, mentre il Giappone era sotto il dominio del totalitarismo fascista, il presidente fondatore della Soka Gakkai Tsunesaburo Makiguchi criticò il dogma ufficiale prevalente dell’ “abnegazione di sé per il bene comune” che veniva usato per giustificare il sacrificio cieco a supporto dello sforzo bellico. «La negazione di sé – scrisse – è una menzogna. La vera via consiste nel ricercare la felicità per sé e per tutti gli altri». Dichiarò che l’organizzazione si sarebbe dedicata a mettere ogni individuo in grado di sviluppare le proprie capacità specifiche, per contribuire al fiorire di una società veramente umana.

Makiguchi notò inoltre che le persone malvagie in realtà riescono facilmente a creare solidarietà se a unirle sono interessi materiali o politici. Le persone di buona volontà, essendo spiritualmente più autosufficienti, tendono a sottovalutare l’importanza di stare unite. La storia è piena di tragici esempi in cui il fallimento della collaborazione fra persone di buona volontà ha ceduto il campo alle forze dell’odio e della distruzione. È chiaro altresì che solo un’ampia base di persone che s’impegnano per realizzare un futuro più umano potrà metterci in grado di affrontare le sfide del nuovo secolo.
L’ideale buddista di “diversi corpi, stessa mente” offre una visione di unità nella diversità, un’unità di individui autonomi che s’impegnano nell’autoriforma, nella sollecitudine verso gli altri e nel rendere possibile un futuro migliore.

Buddismo e vita quotidiana

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