Nel 1976 Betty Williams, di fronte alla morte di tanti bambini nei combattimenti tra cattolici e protestanti in Irlanda del Nord, avviò una campagna di petizioni e marce per la pace per arrestare la violenza. Il movimento si diffuse a macchia d’olio fra le donne di entrambi gli schieramenti e crebbe fino a diventare una notevole forza di pace. Grazie a questo impegno ricevette il premio Nobel nel 1976 per la pace insieme a Mairead Corrigan Maguire. Da allora ha continuato a portare avanti iniziative mirate al benessere delle donne e dei bambini in tutto il mondo. Nel 1997 ha fondato i World Centers of Compassion for Children International (Wccci).
Nel 2017 volle essere madrina della cerimonia per la Cittadinanza onoraria di Firenze a Daisaku Ikeda e da quattro anni, ogni anno compreso il 2020, ha candidato il Presidente Ikeda a premio Nobel Per la Pace.
La vogliamo ricordare riproponendo alcune delle sue parole pronunciate in occasione della presentazione della campagna Senzatomica nel febbraio 2011.
«Ho alcuni eroi nella vita, uno è Daisaku Ikeda, un meraviglioso essere umano, un altro è Joseph Rotblat, che morì due anni fa. Entrambi hanno lavorato contro le armi nucleari. Oggi vorrei onorarli». Ma poi il suo accento è andato all’impegno dei singoli. «Tutti dobbiamo agire, ognuno di noi. Possiamo stare qui per i prossimi cinque anni a pontificare sulle difficoltà del disarmo. Quanti di noi sono disposti a fare quello che è necessario? A spingere sui governi affinché le armi nucleari non esistano più? È una cosa che deve fare la gente, non i governi. Si parla di gente comune, ma non esiste la gente comune, ogni essere umano è unico, ogni individuo è differente. Nell’impresa di creare un mondo giusto e pacifico siamo tutti coinvolti.
Voglio rivendicare quello che sono, una pazza idealista che non si fa condizionare dalla realtà, se la realtà è la guerra. Noi abbiamo sofferto per la guerra in Irlanda, abbiamo provato rabbia ma abbiamo creato qualcosa di positivo dalla nostra rabbia. Dobbiamo lottare con mezzi nonviolenti. Con creatività. Una volta ho perso l’aereo perché mi sono fermata a parlare con una donna che girava per l’aeroporto di Chicago con un cartello a favore del nucleare, ma dopo tre ore l’ho convinta. Sono conquiste.
Anche in Basilicata nel 2003 c’era il progetto di costruire un deposito per le scorie nucleari. Sono andata lì e ho parlato con la popolazione: erano tutti contrari. La nostra lotta come sapete ha dato i suoi frutti. Ora a Scansano Jonico, nella zona destinata al deposito delle scorie nucleari, abbiamo cominciato a costruire una città della pace destinata ai bambini provenienti dalle zone di guerra».
(Buddismo e società n.145 – marzo aprile 2011)