Il Sutra del Loto

 

Il Sutra del Loto si ritiene sia stato scritto tra il I e il II secolo d.C e può essere considerato il nucleo centrale del Buddismo mahayana e la scrittura che più di ogni altra ha influenzato la tradizione buddista in tutta l’Asia orientale passando dall’India all’Asia Centrale, alla Cina, la Corea e il Giappone. Giunto in Cina nel terzo secolo d.C. fu tradotto in numerose versioni di cinese, di cui quella di Kumarajiva (344-413 d.C.) è considerata ancora oggi la versione più compiuta e diffusa, che rese il testo popolare sia in Cina che in Giappone.

Il suo messaggio centrale è che la Buddità – una condizione di felicità assoluta, libera dalla paura e da tutte le illusioni – è una condizione potenziale inerente a ogni forma di vita. Viene inoltre chiarito che il Budda non esiste in qualche luogo speciale e non è un essere soprannaturale: la Buddità esiste da sempre perché connaturata alla vita stessa dell’universo.

Nel Sutra del Loto, il desiderio del Bodhisattva di realizzare la propria e l’altrui felicità rappresenta in realtà un desiderio che nell’intimo possiedono tutti gli esseri umani. Risvegliare in ogni persona questo desiderio e stimolare la natura umana positiva (Buddità) è la missione originale non solo del Buddismo, ma di tutte le religioni.

Il Budda Nichiren Daishonin partendo dal Sutra del Loto e interpretandolo dal punto di vista della sua Illuminazione, stabilì la corretta pratica buddista per quel periodo chiamato “Ultimo giorno della Legge” che, iniziando nel suo tempo, si sarebbe protratto nell’infinito futuro.
Il titolo del Sutra del Loto è Myoho-renge-kyo, che secondo il Daishonin contiene l’essenza dell’intero sutra. Sulla base di questa profonda intuizione egli stabilì l’invocazione di Nam-myoho-rengekyo come fondamento della pratica buddista.

La versione nella traduzione di Kumarajiva è giunta a noi nella forma di ventotto capitoli, quasi tutti composti da una parte in prosa e una in versi, quest’ultima con la funzione di facilitare la memorizzazione e probabilmente scritta per prima.

Burton Watson ha utilizzato questa versione per la sua traduzione (utilizzata dalla Soka Gakkai) e nell’introduzione scrive:
«Tutto quello che possiamo affermare con certezza in merito all’epoca in cui il testo fu scritto è che esisteva gia nel 255 d.C., allorché fu completata la prima traduzione cinese. Successivamente il Sutra del Loto fu tradotto in cinese diverse altre volte, ma solo grazie alla versione completata nel 406 dal monaco Kumarajiva, originario dell’Asia centrale, divenne molto conosciuto e letto in Cina e nei paesi soggetti all’influenza culturale cinese. Questa versione è generalmente riconosciuta come la più autorevole e felice sotto il profilo linguistico; la presente traduzione si basa su questa versione cinese. […] Il Sutra del Loto, come abbiamo appena detto, fu ben presto tradotto non solo in cinese, ma anche in tibetano e successivamente in hsihsia, mongolo, manciù, coreano e giapponese. Negli ultimi anni sono state pubblicate diverse traduzioni in inglese e in altre lingue europee; oramai il Sutra del Loto appartiene al novero delle principali opere della letteratura mondiale» e ancora «La traduzione, si spera, non si limiterà a far conoscere i concetti filosofici per cui l’opera è divenuta tanto famosa, ma dovrebbe anche offrire una pur relativa immagine del valore letterario del sutra […]» e «non è stato fatto nessun tentativo di conferire al testo un tono “religioso” […]»

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