Il 17 novembre, nell’ambito della COP30 delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici a Belém (Brasile), la Fondazione Be The Hope, attraverso il progetto Cambio io, cambia il mondo, ha organizzato l’evento “Learning, Reflection and Empowerment for Climate Action. A dialogue on challenges and best practices” (Educazione, riflessione ed empowerment per l’azione climatica. Un dialogo su sfide e buone pratiche).









L’incontro è stato ospitato all’interno della Blue Zone, presso il Padiglione Italiano e ha riunito rappresentanti di Soka Gakkai International, Youth4Climate – UNDP ed Earth Charter International, insieme al progetto Cambio io, cambia il mondo, in un momento di confronto vivo su come educazione e consapevolezza possano diventare motori di azione climatica concreta.
Apprendimento e storie personali: da dove nasce la motivazione al cambiamento
Nel primo panel, i relatori hanno mostrato come le storie personali, la formazione e la riflessione interiore possano costituire il punto di partenza per un impegno autentico. Dalle esperienze dirette degli impatti climatici, alla perdita di familiari a causa di eventi estremi, fino all’attivismo radicato nella fede: tutte tematiche emerse come potenti motori di consapevolezza e responsabilità.
Il dialogo ha evidenziato la necessità di costruire percorsi educativi che accompagnino nel tempo, relazioni di mentoring capaci di sostenere davvero i giovani, reti di fiducia che rafforzino le capacità individuali e un accesso più equo ai finanziamenti, oggi ancora poco accessibili per le nuove generazioni.
Le domande del pubblico hanno arricchito ulteriormente il confronto, portando al centro il tema della partecipazione giovanile, il ruolo della speranza come forza di resilienza e le profonde disparità tra regioni del mondo. Nelle risposte, i relatori hanno sottolineato l’importanza di creare contesti realmente inclusivi, di rafforzare le comunità locali e di riconoscere apertamente la climate anxiety come una dimensione umana da accogliere e trasformare in energia positiva.
Giovani e azione climatica: strumenti, fiducia e spazi inclusivi
Un tema trasversale all’intero evento è stato il ruolo cruciale delle nuove generazioni. Pur essendo tra le più esposte agli impatti della crisi climatica, i giovani continuano a ricevere meno dell’1% dei finanziamenti globali destinati al clima. Questa disparità rende ancora più urgente garantire loro gli strumenti necessari per passare dalla consapevolezza all’azione concreta.
Nel dibattito è emersa con forza la necessità di opportunità formative che accompagnino nel lungo periodo, di competenze “verdi” aggiornate e di canali di sostegno che non si esauriscano in iniziative isolate, ma permettano la costruzione di progetti con continuità.
Le domande del pubblico hanno posto l’accento sull’importanza di spazi sicuri in cui confrontarsi, sulla difficoltà di rendere strutturale la partecipazione giovanile e sulla presenza diffusa della climate anxiety, vissuta come una pressione costante che richiede ascolto e supporto per potersi trasformare in energia costruttiva. È emerso un messaggio condiviso: per sostenere davvero i giovani non servono progetti isolati, ma comunità forti, reti durature e ambienti inclusivi che permettano a ciascuno di contribuire secondo le proprie possibilità.
Etica, cooperazione e azione collettiva
Il secondo panel ha approfondito il ruolo dell’etica nei processi globali, richiamando il contributo del Global Ethical Stocktake, uno strumento che punta a mettere valori, giustizia e partecipazione al centro delle decisioni sul clima. Sono stati presentati esempi di dialoghi inclusivi svolti in diverse parti del mondo, che mostrano come la cooperazione e la partecipazione dei giovani possano generare contenuti rilevanti per le politiche climatiche.
È stato inoltre evidenziato il contributo unico dei movimenti basati sulla fede, capaci di offrire resilienza, speranza e visioni di lungo periodo, andando oltre i limiti dei singoli progetti.
Speranza, intenzione, comunità: il messaggio finale ai giovani
L’incontro si è chiuso raccogliendo tre parole che hanno attraversato tutto il dialogo: speranza, intenzione e comunità. Sono emerse come una bussola condivisa, capace di orientare sia l’impegno personale che quello collettivo. Ai giovani presenti e simbolicamente a tutti coloro che si affacciano oggi all’azione climatica i relatori hanno rivolto un invito chiaro: riconoscere il proprio potere di incidere sulla realtà, assumersi la responsabilità di essere agenti del cambiamento e ampliare gradualmente la propria “sfera d’influenza”, a partire dai gesti quotidiani e dalle relazioni più vicine.
È stato sottolineato quanto sia importante coltivare spazi che generino empowerment, ambienti in cui le persone possano sostenersi a vicenda, e quanto sia determinante trovare o costruire la propria comunità, il luogo da cui trarre forza e in cui far crescere l’impegno comune.
Un evento che ha lasciato il segno
Il side-event ha avuto un forte impatto emotivo e intellettuale: diversi partecipanti, dal Canada, dal Bangladesh e da varie delegazioni internazionali, hanno espresso gratitudine e apprezzamento per la qualità del dialogo. Lo stesso prof. Brendan Mackey ha definito l’incontro “profondo, riflessivo e positivo”.






