La filosofia di pace di Nichiren Daishonin
Gli scritti di Nichiren Daishonin – in particolare il trattato Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese, che segna la sua comparsa sulla scena mondiale – riflettono il suo grande interesse per la politica. Intervenendo direttamente sulla vita degli esseri umani, la politica ne determina la felicità o l’infelicità, e per questo il Daishonin si dedica con tanto impegno a vigilare sull’operato del governo, ritenendo che lo scopo comune della religione e della politica sia quello di garantire la pace e il benessere di tutte le persone.
Attualmente, la religione che in Giappone vanta il più alto numero di credenti è il Buddismo fondato da Nichiren Daishonin. Il motivo per cui i suoi insegnamenti sono così popolari è che il suo stile di vita offre coraggio e speranza, oltre ad avere una forte attrattiva umanistica.
Le rivendicazioni che Nichiren mise in atto nel corso della sua vita furono spesso intese come una critica alla religione e alla politica del governo del tempo, e del resto le scuole buddiste allora affermate erano altamente critiche nei suoi confronti. Per questo motivo la vita di Nichiren fu contrassegnata da continue persecuzioni. Venne aggredito quattro volte, due volte esiliato, e una volta sfuggì per pochissimo a una condanna a morte. Nonostante ciò, grazie a una indomabile forza vitale e a una determinazione di ferro volta a superare qualsiasi difficoltà, fu in grado di affrontare vittoriosamente ogni sorta di ostacolo. Questa sua incredibile capacità non fece che aumentare il suo fascino.
Oggi il Buddismo di Nichiren si è diffuso in centonovantadue paesi del mondo grazie all’impegno della Soka Gakkai Internazionale e del suo presidente Daisaku Ikeda, dedito a dialogare con personaggi di spicco a livello mondiale per la realizzazione della pace.
La comparsa di Nichiren sulla scena mondiale può essere fatta coincidere con la presentazione del trattato Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese, da lui inviato al leader politico più importante della sua epoca. In quest’opera il Daishonin avverte dei pericoli imminenti che il Giappone avrebbe dovuto affrontare, e indica i passi necessari per la costruzione di un mondo pacifico. Nel 1260 il Daishonin aveva trentotto anni e il Giappone era appena entrato nel Medioevo, caratterizzato da un sistema di governo feudale. Per inciso, anche Gandhi aveva trentotto anni quando diede inizio al movimento nonviolento satyagraha in Sud Africa.
All’inizio del trattato il Daishonin usa uno stile che evoca la poesia cinese classica: «Negli ultimi anni si sono manifestate insolite perturbazioni nel cielo e strani fenomeni sulla terra. Carestie e pestilenze affliggono ogni angolo dell’impero e si diffondono in tutto il paese. Buoi e cavalli cadono morti per la strada e le loro ossa ricoprono le vie maestre. Più della metà della popolazione è stata falciata dalla morte e non c’è una persona che non pianga almeno un lutto in famiglia» (RSND,1, 6; cfr. SND, 1, 3).
Nel manoscritto originale questo brano – un esempio delle doti poetiche del Daishonin – è composto di dieci righe di quattro caratteri cinesi ciascuna, che creano un ritmo nella lettura. Questa poesia inoltre non è una semplice espressione di solidarietà, ma descrive in termini molto chiari – senza sentimentalismi ed emotività – la triste condizione dell’epoca, denunciando la vera sofferenza delle persone comuni.
Quando viveva a Kamakura, la capitale, Nichiren era stato testimone diretto di questo panorama infernale. Terremoti, forti venti e piogge avevano portato distruzione causando inevitabili epidemie, carestie e incendi che avevano colpito ancora più duramente la popolazione, compromettendo lo svolgimento della vita quotidiana.
Vedendo i cadaveri delle persone ammassati per le strade di Kamakura, il Daishonin percepì acutamente quanto la vita sia preziosa e, mettendo a rischio la sua stessa vita per proteggere quella degli altri, scrisse il trattato Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese come una denuncia verso le autorità governative di uno stato che ignorava la sua componente più importante – le persone.
Il trattato, scritto in forma di dialogo immaginario, è composto di dieci domande e nove risposte, e si svolge tra un viaggiatore e il padrone di casa che lo ospita. Il viaggiatore apre la conversazione dolendosi dello stato delle cose, e la conclude dichiarando la sua ferma decisione di fare quanto gli è possibile per cambiare la situazione. La lamentela del viaggiatore è la stessa del padrone di casa, che afferma: «Fino a oggi mi sono preoccupato da solo, angustiato nel profondo del cuore, ma ora che voi siete qui possiamo lamentarci insieme» (RSND, 1, 7; cfr. SND, 1, 5). E il viaggiatore risponde: «Non sono io il solo a soffrire: l’intera popolazione è oppressa dal dolore» (Ibidem). È evidente che il viaggiatore e il padrone di casa condividono un’opinione simile sulla situazione.
Sebbene la persona più influente del paese e un prete anonimo possano avere posizioni sociali molto diverse o differenti visioni in fatto di religione, se il desiderio di pace di entrambi resta integro allora è possibile stabilire una base per il dialogo. Il fatto che il Daishonin utilizzi, per presentare la sua tesi, la forma dialogica tra un buddista e un leader politico denota la sua fiducia nel potere del dialogo come mezzo per operare un cambiamento. L’inizio del trattato è costituito proprio da un dialogo sulla pace e sul modo di realizzarla.
Il motivo per cui le argomentazioni del Daishonin sono così avvincenti sta nel fatto che egli mette al centro gli esseri umani, facendo appello ai capi del paese affinché prima di tutto garantiscano stabilità alla vita delle persone comuni. Con il trattato Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese dimostra che a prescindere dalle dimensioni del problema – locale, nazionale o globale – lo scopo comune di ottenere la pace tra gli esseri umani costituisce una base universale per aprire canali di comunicazione e comprensione.
Inoltre, sulla base di meticolosi studi sulle scritture buddiste, Nichiren predice in questo trattato che si sarebbero verificati conflitti interni ed esterni, distinguendo tra le calamità che erano già avvenute e quelle che si sarebbero ancora dovute manifestare. Le due calamità che ancora non erano apparse erano di natura militare.
Il Daishonin si rendeva conto che una guerra, le cui conseguenze si sarebbero sommate a quelle delle calamità naturali che già affliggevano il paese, avrebbe comportato la distruzione totale per i cittadini inermi e avrebbe condotto il paese alla rovina. Questo avvertimento ai capi del paese può essere inteso come un’inequivocabile presa di posizione del Daishonin contro la guerra.
La poesia in stile cinese classico all’inizio del trattato rappresenta il lamento del viaggiatore, che può essere identificato con il destinatario Hojo Tokiyori, l’ex reggente del Giappone dell’epoca. Essa esprime in modo eloquente la convinzione del Daishonin secondo cui la missione e la responsabilità di assicurare la pace è nelle mani di chi detiene il potere.
L’attenzione alla politica
Vorrei ora tracciare, sulla base degli scritti del Daishonin, un profilo del leader politico ideale. Nichiren ritiene che tale figura debba possedere due caratteristiche fondamentali: essere una persona onesta e di buon carattere, e assegnare la massima priorità alle persone.
Per specificare meglio le caratteristiche del primo aspetto, una persona di questo tipo non deve mentire, deve essere virtuosa e in grado di resistere alle offese, deve sapere ascoltare entrambi i punti di vista in una disputa e non deve mai lasciarsi corrompere anche a costo della propria vita.
Riguardo al secondo punto, in particolare dovrebbe: rendersi più utile di quanto non facciano i suoi subordinati, essere a conoscenza di ciò che affligge il popolo e saper esaminare i fatti, operare concretamente per il bene delle persone. Naturalmente tutti gli esempi sopra citati vanno inseriti nel loro contesto storico e occorre prendere in considerazione le varie sfumature.
Gli scritti di Nichiren riflettono il suo grande interesse per la politica. Secondo il Daishonin, le azioni e la politica del governo influiscono direttamente sulla vita e quindi sulla felicità delle persone. Se il sovrano governa male, è il popolo a soffrirne. Ciò dimostra quanto egli fosse consapevole delpotere che detengono i capi di governo. Il suo sguardo sulla politica restava sempre vigile perché si rendeva perfettamente conto di quali conseguenze le persone avrebbero dovuto affrontare in seguito alle decisioni governative.
Mettendo in relazione la politica con la religione, emerge come la politica serva a eliminare le barriere esterne che impediscono alle persone di diventare felici, mentre la religione abbia la missione di fornire il mezzo per eliminare le barriere interne. Infatti per fare questo è necessaria un’onesta autoanalisi, ed è grazie alla religione che è possibile trovare il modo di raggiungere la pace dentro di sé. Riguardo alle barriere esterne che ostacolano la felicità, le persone sono spesso alla mercé di chi governa. Nel caso di calamità naturali, per esempio, la priorità dovrebbe essere quella di fornire alle persone colpite beni di prima necessità per la sopravvivenza quotidiana. Anche in questo caso si dimostra quale grandissima responsabilità abbia il governo, ed è proprio per l’enorme impatto che il governo ha sulle persone che il Daishonin si è espresso tanto spesso e con forza sull’argomento. Egli riteneva che lo scopo comune della religione e del governo fosse la pace e che su questo punto le due parti dovessero essere in perfetto accordo.
Dalla parte della gente comune
Esaminando la storia del Giappone e delle sue molteplici guerre, Nichiren fa notare addolorato quale disperazione provochi un conflitto armato. Il fatto che egli analizzi il conflitto armato dal punto di vista di chi ha perso la vita e da quello di chi ha perso la guerra caratterizza in modo inequivocabile il suo pensiero. In merito alla battaglia del Giappone contro una delle più potenti forze militari del tempo, l’impero mongolo, scrive: «Così nessuno dei contadini e degli altri abitanti si salvò [dai mongoli]: gli uomini furono uccisi o presi prigionieri, le donne furono radunate e vennero loro trapassate le mani con le corde per legarle alle navi o imprigionarle» (Lettera al prete laico Ichinosawa, RSND, 1, 472; cfr. SND, 8, 144).
Nichiren, a differenza dei leader giapponesi, non guardava all’arrivo dei mongoli da un punto di vista politico, pertanto non parlava del conflitto in termini di vincitori o vinti, aggressori o vittime, invasori o invasi. Viceversa si preoccupava della tragedia che avveniva nella vita delle persone comuni. Dal suo punto di vista le persone sono sempre al primo posto.
L’arma di Nichiren
È anche degno di nota il fatto che lo stesso Nichiren non portava mai armi né le utilizzava. Un suo discepolo, che era un guerriero, una volta gli inviò una spada. In risposta il Daishonin osservò: «Tu hai offerto una spada al Sutra del Loto. Quando la portavi al fianco era una spada del male, ma ora che l’hai offerta al Budda è diventata una spada del bene» (Le spade del bene e del male, RSND, 1, 400; cfr. SND, 4, 198). Poiché le armi servono a togliere la vita, egli le reputava malvagie.
Dopo che il Daishonin fu ordinato prete, per forza di cose non portò mai la spada. Per scelta la sua arma era il Sutra del Loto. «Usa la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra […] L’essenza della strategia e dell’arte della spada derivano dalla Legge mistica. Abbi profondamente fede in questo. Un codardo non potrà mai ottenere risposta a nessuna delle sue preghiere» (La strategia del Sutra del Loto, RSND, 1, 889; cfr. SND, 4, 195). Con l’eloquenza di un buddista determinato, egli dichiara che nessun’arma è più potente di una fede coraggiosa.
In realtà Nichiren fu un devoto – cioè un praticante scrupoloso del Sutra del Loto – che mise in pratica questo insegnamento con la sua stessa vita, superando diverse gravi persecuzioni durante il suo ministero religioso.
Reinterpretò lo spirito del Sutra del Loto, che si basa sull’atto di salvare le persone comuni, trasformandolo in principi da seguire nella vita quotidiana, e si batté per la pace del genere umano.
Sono profondamente convinto del fatto che la filosofia di Nichiren Daishonin di lottare per la pace abbia un valore inestimabile, non solo per il Giappone ma per tutto il mondo moderno.
Buddismo e Società n.134 – maggio giugno 2009
(tradotto dal Journal of Oriental Studies, vol. 18, 2008)
Primo capitolo: INTRODUZIONE (Jo)
Questo capitolo può essere suddiviso in tre sezioni.
La prima si apre con la frase «Così ho udito» pronunciata da Ananda; quindi il racconto procede descrivendo l’assemblea degli esseri senzienti che si sono radunati sul monte Gridhrakuta, o Picco dell’Aquila, nei pressi di Rajagriha, nell’India centrale. L’assemblea dei discepoli è composta, oltre che da tutti i seguaci di Shakyamuni, dalla zia di Shakyamuni, Mahaprajapati, dalla moglie Yashodara, da monaci, monache, donne, uomini, divinità ed esseri non-umani che stanno lodando il Budda Shakyamuni che predica il profondo Sutra mahayana degli Innumerevoli significati (Muryogi).
La seconda parte inizia quando Shakyamuni entra nella samadhi [meditazione] e manifesta i suoi poteri sovrannaturali attraverso vari eventi straordinari come una pioggia di quattro tipi di fiori meravigliosi che cade su di lui e l’assemblea, mentre la terra trema in sei modi diversi. In quanto testimone di questo evento, l’assemblea gioisce per aver assaporato un’esperienza di tale portata. Il Budda, immobile e in profonda meditazione, emette raggi di luce dal centro della fronte e illumina diciottomila mondi nella parte orientale dell’universo con una luce tanto chiara e splendente che tutti riescono a vedere ogni cosa all’interno dei mondi stessi.
La terza parte è dedicata alla descrizione di presagi fortunati e il bodhisattva Maitreya, a nome di tutta l’assemblea, chiede come mai Shakyamuni abbia manifestato tali fenomeni stupefacenti. Allora il bodhisattva Manjushri spiega: «Uomini devoti, credo che il Budda, l’Onorato dal Mondo, voglia ora esporre la grande Legge […] chiarire il significato della grande Legge. […] io ho già visto tali fausti portenti provocati da Budda del passato […] ora il Budda presente farà lo stesso» (Op. cit., pp.15-16). Il Budda Shakyamuni rimane però ancora in profonda meditazione e in assoluto silenzio.
Secondo capitolo: ESPEDIENTI(Hoben)
Il secondo capitolo si apre con l’immagine dell’inizio della predicazione da parte del Budda: «A quel tempo, l’Onorato dal Mondo sorse serenamente dalla samadhi e, rivolto a Shariputra, disse: “La saggezza dei Budda è infinitamente profonda e incommensurabile. L’accesso a questa saggezza è difficile da comprendere e difficile da varcare”» (Op. cit., p. 29).
Shakyamuni rompe il silenzio, senza che nessuno dei suoi discepoli gli abbia posto domande e ciò desta l’attenzione di quanti gli sono attorno poiché capiscono che sarà rivelato qualcosa di eccezionale.
Il Budda dice «[…] utilizzo varie dottrine differenti/ per disseminare la via del Budda» e usando vari espedienti rivela lo scopo dell’avvento del Budda nel mondo, quello di guidare tutte le persone all’Illuminazione. Spiega che «La vera entità di tutti i fenomeni può essere compresa e condivisa solo tra Budda» e che la vera entità o il vero aspetto di tutti i fenomeni (shoho jisso), consiste in: « […] aspetto, natura, entità, potere, azione, causa [interna], relazione, effetto [latente], retribuzione e loro coerenza dall’inizio alla fine» (Op. cit., p. 30).
Shakyamuni dichiara che questi sono aspetti immutabili della vita, comuni a tutte le condizioni vitali, a tutti i fenomeni dell’universo, agli esseri viventi e non viventi e agli esseri senzienti e non senzienti. Shariputra osserva di non aver mai udito un tale insegnamento e che tutte le persone lì presenti hanno dei dubbi a riguardo. Implora quindi per tre volte Shakyamuni di rivelare qual è lo scopo di un Budda che espone la Legge e Shakyamuni spiega: «Se ne parlo adesso, tutti gli dèi, gli uomini e gli asura presenti in tutti i mondi resteranno attoniti e dubbiosi. I monaci dominati dall’arroganza cadrebbero in un abisso profondo».(Op.cit., p.36). Di fronte all’insistenza di Shariputra, il Budda infine decide di rispondere: «I Budda, gli Onorati dal Mondo, desiderano aprire la porta della saggezza del Budda a tutti gli esseri viventi, per consentire loro di ottenere la purezza; […] mostrare la saggezza del Budda […] risvegliare gli esseri viventi alla saggezza […] indurre gli esseri viventi a imboccare il sentiero della saggezza del Budda; per questa ragione appaiono nel mondo. Shariputra, questa è l’unica grande ragione per cui i Budda appaiono nel mondo. […] Essi desiderano semplicemente mostrare la saggezza del Budda agli esseri viventi e risvegliarli a essa» (Op. cit., p. 39).
Subito dopo questa rivelazione espone come i tre veicoli vengono sostituiti dall’unico veicolo e di come i Budda si avvalgono dei tre veicoli utilizzandoli come mezzi e non come fini. Questa trattazione verrà portata avanti fino al nono capitolo Predizioni conferite ai novizi e a i discepoli anziani.
Terzo capitolo: PARABOLA (Hiyu)
Il capitolo si apre descrivendo la gioia di Shariputra per aver udito e capito l’insegnamento della sostituzione dei tre veicoli con l’unico veicolo e la profezia sulla sua Illuminazione che il Budda gli rivela. «“Realizzerai ogni aspetto della via del bodhisattva e sarai in grado di divenire un Budda che si chiamerà Tathagata Fiore Splendente, degno di offerte, perfettamente illuminato, di chiara e perfetta condotta, ben andato, conoscitore del mondo, il più eminente fra gli uomini, istruttore della gente, maestro degli esseri celesti e umani, Budda, Onorato dal Mondo”» (Op. cit., p. 66).
Le altre persone dell’assemblea non riescono ancora a comprendere, così Shariputra chiede al Budda di spiegare loro in maniera più comprensibile. Shakyamuni risponde utilizzando una parabola perché «[…] grazie alle parabole, coloro che sono saggi possono capire».
Narra così la parabola dei “tre carri e della casa che brucia” che racconta la storia di un ricco signore la cui dimora fatiscente va in fiamme, mentre all’interno si trovano i suoi numerosi figli intenti a giocare e che non si rendono conto del pericolo che stanno correndo. Sono così intenti che «sebbene il padre con compassione cercasse di persuaderli con belle parole» non gli prestano ascolto. Allora il padre pensa: «La casa è già avvolta dalle fiamme di questo incendio gigantesco; se io e i miei figli non usciamo subito, moriremo tutti. Devo escogitare qualche espediente che permetta ai bambini di sfuggire al pericolo incombente» (Op. cit., p. 73). L’espediente che trova il ricco signore è quello di dire ai propri figli che fuori dal cancello si trovano tre carri pieni dei loro giochi preferiti e tirati da capre, cervi e buoi. I bambini si entusiasmano e correndo si precipitano fuori dal palazzo in fiamme.
Il padre vedendo i figli in salvo esulta di gioia e decide di donare a ciascuno un carro adorno di gioielli e trainato da un bue bianco. Shakyamuni passa a spiegare la parabola:
«“Shariputra, l’uomo ricco si avvalse dei tre tipi di carri per attirare i figli, ma in seguito diede a ognuno di essi un grande carro adorno di gioielli, il più sicuro, il più comodo in assoluto.[…] Dapprima predica i tre veicoli per attirare e indirizzare gli esseri viventi, ma in seguito, per salvarli, adotta soltanto il Grande Veicolo. Perché? Il Tathagata possiede saggezza senza limiti, potere, libertà dalla paura, il forziere della Legge. Egli è in grado di offrire a tutti gli esseri viventi la Legge del Grande Veicolo. Ma non tutti sono in grado di riceverla. Sappi, Shariputra, che questa è la ragione per cui i Budda si avvalgono del potere degli espedienti”» (Op. cit., pp. 79-80).
Quarto capitolo: FEDE E COMPRENSIONE (Shinge)
Il capitolo inizia con la descrizione della gioia che provano i quattro ascoltatori della voce – Subthuti, Mahakatyayana (o Katyayana), Mahakashyapa e Mahamaudgalyayana (o Maudgalyayana) – per avere ascoltato la predizione dell’Illuminazione di Shariputra e per avere ottenuto un gioiello inestimabile – avere ascoltato la Legge – senza averlo cercato. Si esprimono così: «“Oggi abbiamo udito/ la voce del Budda che istruisce/ ed esultiamo di gioia,/ perché abbiamo ottenuto ciò che mai avevamo avuto./ Il Budda dichiara che gli ascoltatori della voce/ potranno ottenere la Buddità./ Questo cumulo di gioielli inestimabili/ è venuto a noi senza bisogno di cercarlo”» (Op. cit., p. 112).
Per dimostrare la loro comprensione narrano anche essi una parabola, quella dell’“uomo ricco e del figlio prodigo”. È la storia del figlio di un uomo ricco che fugge dalla casa paterna per vivere in luoghi lontani e del padre che lo cerca senza successo, fino a quando decide di trasferirsi in un’altra città, mai smettendo di pensare a lui.
Il figlio, facendo lavori saltuari, vive errando di villaggio in villaggio completamente in miseria, mentre il padre, che ha ricchezze incommensurabili, si cruccia perché non ha un figlio a cui lasciarle. Un giorno quest’ultimo, passando per quella città e fermandosi nei pressi del palazzo paterno, viene visto dal genitore che cerca, senza farsi riconoscere, di attirarlo verso di sé, ma senza successo. Allora, usando uno stratagemma, gli offre un lavoro umile (spalare il letame) presso la propria abitazione. Il padre liberatosi degli abiti suntuosi va a lavorare insieme al figlio e in questo modo lo può avvicinare, rivolgendogli le seguenti parole: «[…] “Sarò come un padre per te e non avrai più preoccupazioni. Perché dico questo? Perché io ormai sono in là con gli anni, mentre tu sei ancora giovane e vigoroso. Ti ho osservato lavorare, tu non fai il furbo: non sei sfaticato né imprechi con rabbia e risentimento […] Quindi, da ora in poi, sarai tale e quale a un figlio”» (Op. cit., pp. 108-9).
Passano molti anni e il ragazzo seguita a lavorare con umiltà nonostante gli incarichi sempre più impegnativi. Infine l’uomo divenuto anziano e rendendosi conto che il figlio ha «allargato la sua mente» e «sviluppato una grande volontà», gli chiede di occuparsi delle sue ricchezze. Ammalatosi e sentendosi vicino alla morte il padre decide di rivelare la verità ai parenti, alle autorità e al figlio, dichiarando quest’ultimo suo unico erede. Questi prova una gioia profonda per avere ottenuto quello che non si sarebbe mai aspettato. Come il padre ha utilizzato espedienti per aprire la mente del figlio, così il Budda «ricorre a insoliti modi di agire».
Così si esprime Mahakashyapa nel Sutra del Loto: «“Onorato dal Mondo il vecchio con le sue immense ricchezze non è altri che il Tathagata, e tutti noi siamo figli del Budda. Il Tathagata ci ripete di continuo che noi siamo suoi figli. Tuttavia, a causa delle tre sofferenze, […] sopportiamo tremendi tormenti e, poiché siamo illusi e ignoranti, proviamo piacere nel seguire dottrine inferiori. Ma oggi l’Onorato dal Mondo ci ha fatto riflettere profondamente, ci ha fatto mettere da parte tali dottrine e le vuote discussioni”» (Op. cit., p. 110).
Quinto capitolo: LA PARABOLA DELLE ERBE MEDICINALI (Yakusoyu)
Dopo avere ascoltato la parabola narrata da Mahakashyapa e dagli altri discepoli, Shakyamuni dice: «“Eccellente, eccellente, Kashyapa. Hai fornito un’ottima descrizione delle vere virtù del Tathagata”» (Op.cit., p.125).
A sua volta narra la parabola dei “tre tipi di erbe medicinali e dei due tipi di alberi” per confermare che i suoi discepoli hanno compreso il suo insegnamento e per mostrare come il Budda doni compassione e benefici a tutta l’umanità indistintamente, rispettando l’individualità delle persone senza discriminazioni.
La parabola racconta che nel mondo ci sono varie specie di fiori, erbe, alberi e piante che variano per grandezza, forma e nome. Attorno al mondo si trova una grande nuvola che versa pioggia sulla terra. La pioggia inumidisce il terreno dal quale gli alberi, le piante e le erbe traggono nutrimento per crescere. L’acqua si riversa allo stesso modo su ogni vegetale, ma le piante ricevono nutrimento a seconda della propria natura e ognuna cresce in maniera diversa. Sebbene differiscano per dimensioni e caratteristiche, per le radici, gli steli, i rami, le foglie, per i fiori e i frutti che producono, tutte le piante sono nutrite dalla stessa pioggia.
Quanto sopra viene descritto con queste parole: «“Appaio nel mondo/ come un’immensa nube/ che sparge la sua pioggia/ su tutti gli esseri viventi aridi e rinsecchiti,/ così che tutti possano liberarsi dalle sofferenze/ e ottenere la gioia della pace e della sicurezza,/ le gioie di questo mondo/ e la gioia del nirvana. […] Esseri eminenti o infimi, superiori o inferiori,/ osservanti o violatori dei precetti,/ persone dal contegno perfetto/ o dal contegno riprovevole,/ persone con concezioni corrette o con concezioni/ erronee,/ di intelligenza acuta o modesta,/ io faccio cadere la pioggia del Dharma egualmente su/ tutti/ senza rilassatezza o negligenza alcuna”» (Op.cit., pp. 131-132).
Sesto capitolo: PREDIZIONI (Juki)
In questo capitolo Shakyamuni rivela che anche i quattro grandi ascoltatori della voce Kashyapa [o Mahakashyapa], Subhuti, Katyayana [o Maha-Katyayana], e Maudgalyayana diventeranno Budda. Kashyapa è il primo che riceve la predizione della sua Illuminazione: «Questo mio discepolo, Mahakashyapa, […] si chiamerà Tathagata Fulgida Luce […] La sua terra si chiamerà Luminosa Virtù e il suo kalpa Grande Ornamento» (Op.cit., 137).
Allora gli altri tre pregano Shakyamuni di concedere la predizione anche a loro. I tre discepoli, per sollecitare Shakyamuni ed esplicitare i loro sentimenti, narrano la parabola del banchetto reale. La parabola racconta di come persone affamate di fronte a un banchetto non osino toccare cibo fino a quando il re non dia loro il permesso: «Supponi che una persona giunta da una terra in cui/ regna la fame/ si imbatta nel banchetto di un grande re./ Nel suo cuore dominerebbero ancora il dubbio e la paura/ e all’inizio non oserebbe toccar cibo;/ ma, se il re in persona glielo concedesse,/ certamente si arrischierebbe a mangiare» (Op.cit., 140).
La narrazione prosegue con la dichiarazione da parte di Shakyamuni dei nomi che i quattro ascoltatori della voce assumeranno, in quale tempo e in quale terra conseguiranno la Buddità. «Subhuti […] sarà in grado di ottenere la Buddità. Il suo nome sarà Tathagata Forma Rara […] Il suo kalpa si chiamerà Ricco di Gioielli e il suo regno si chiamerà Nato da un Gioiello. […] Questo Budda vivrà sempre sospeso nell’aria predicando la Legge alle moltitudini e salvando innumerevoli bodhisattva e ascoltatori della voce» (Op.cit., p.141).
«Ora vi dico questo. Maha-Katyayana […] diverrà un Budda chiamato Tathagata Aurea Luce di Jambunada […] La sua terra sarà dolce e pianeggiante […]» (Op.cit., pp.143-4). E infine «Ora vi dico questo. Maha- Maudgalyayana […] Quindi diventerà un Budda, chiamato Tathagata Fragranza di Sandalo Tamalapatra, […] maestro degli esseri celesti e umani, Budda , Onorato dal Mondo. Il suo kalpa sarà chiamato Traboccante di Gioia e Delizia della Mente sarà il nome del suo regno» (Op.cit., pp.145-6)
Settimo capitolo: LA PARABOLA DELLA CITTA’ FANTASMA (Kejoyu)
Il capitolo inizia con l’annuncio da parte di Shakyamuni a cinquecento monaci, dell’esistenza, in un tempo molto remoto, di un Budda chiamato Grande Saggezza Universale. Per spiegare la grande estensione di questo tempo Shakyamuni utilizza un paragone: «Ora, monaci, immaginate che qualcuno prenda la terra di tutti i mondi che quell’individuo ha attraversato, […] e la riduca tutta in polvere. E immaginate che una particella di polvere rappresenti un kalpa. I kalpa trascorsi da quando quel Budda si è estinto sarebbero comunque superiori al numero delle particelle di polvere, incommensurabili, illimitati, centinaia, migliaia, decine di migliaia, milioni di asamkhya kalpa» (Op. cit., p.152).
Prima della sua estinzione Grande Saggezza Universale aveva generato sedici figli (il più giovane era Shakyamuni) i quali sapendo che il padre era diventato un Budda lo pregano di esporre la Legge.
A seguito di queste esortazioni il Budda descrive dettagliatamente la Legge della dodecupla catena della causalità.
Ma i prìncipi non si accontentano di queste dottrine e così il Budda rivela il suo vero intento «[…] fece trascorrere un periodo di ventimila kalpa; infine al cospetto delle quattro categorie dei credenti, predicò il sutra del Grande Veicolo intitolato Loto della Legge Meravigliosa, una Legge per istruire i bodhisattva, custodita nel cuore dai Budda. […] tutti insieme lo accettarono credendo in esso, lo intonarono, lo declamarono, lo penetrarono e lo compresero perfettamente […]» (Op. cit., p.152).
La spiegazione avviene in un tempo enormemente e incalcolabilmente lungo e capendo l’animo dei discepoli, il Budda narra la parabola della “Città fantasma” che racconta di un viaggio avventuroso intrapreso da una carovana alla cui guida c’è un unico capo; il viaggio è lungo e difficile e molti sono presi dallo sconforto. Ma se l’impresa si interrompesse prima di arrivare, tutti gli sforzi fatti diverrebbero vani, così il capo carovana incoraggia i viaggiatori invitandoli a pazientare e utilizzando i suoi poteri, fa apparire in mezzo al deserto una città dove possano riposare e ristorarsi; così tutti si dirigono verso la città. Il capo carovana, dopo un periodo di riposo, fa sparire la città e invita tutti i viaggiatori a proseguire confessando che la città era un illusione creata per farli rinfrancare. Shakyamuni spiega che anche lui fa come la guida della carovana e il capitolo si conclude con i versi: «Vedo che coloro che ricercano la via/ a metà del viaggio si scoraggiano/ e non riescono a superare l’erto cammino/ della nascita e della morte e dei desideri terreni;/ quindi utilizzo il potere degli espedienti/ e predico il nirvana per offrire un conforto […] I Budda, agendo come guide,/ predicano il nirvana per offrire un riposo./ Ma quando percepiscono che vi siete riposati,/ allora vi guidano verso la saggezza del Budda.» (Op. cit., 182-3).
Ottavo capitolo: PREDIZIONE DELL’ILLUMINAZIONE A CINQUECENTO DISCEPOLI (Gohyaku)
All’inizio del capitolo Shakyamuni predice l’Illuminazione di Purna, che aveva gioito ascoltando la predicazione avvenuta nel capitolo precedente. Purna era considerato da Shakymuni «[…] come il migliore fra coloro che predicano la Legge». Shakyamuni spiega ancora: «E ho sempre lodato anche i suoi molti meriti, la sua diligenza nel proteggere, sostenere, aiutare a proclamare la mia Legge, la sua bravura nell’istruire, beneficare e rallegrare le quattro categorie di credenti […]» (Op. cit., p. 186).
Shakyamuni poi rivela che Purna nel futuro sarebbe diventato un Budda chiamato Tathagata Fulgida Legge, in un’epoca chiamata Tesoro Fulgido e nella terra dal nome Buona e Pura.
Anche i cinquecento arhat, ai quali nel capitolo precedente aveva raccontato la parabola della “Città fantasma”, ricevono la predizione dell’Illuminazione «diverranno Budda uno dopo l’altro;/ avranno tutti lo stesso nome, Splendore Universale».
I cinquecento arhat esultando di gioia, dichiarano che in passato avevano sbagliato; credendo di avere già raggiunto la saggezza si erano accontentati di una saggezza insignificante. Per spiegare i loro sentimenti, raccontano la parabola “del gioiello e della veste” dove si narra la storia di un uomo poverissimo che visita un amico molto ricco ricevendo affetto e cibo. Quando il povero cade addormentato, dovendo il ricco amico partire per affari, cuce nella fodera del vestito del povero «un gioiello inestimabile».
Quest’ultimo, svegliatosi, riprende a vagare, ignaro di possedere tale dono. Affronta mille sofferenze, vive in costante stato di bisogno, ma è sempre contento delle piccole cose che riesce ad ottenere. Passato del tempo, incontra di nuovo il suo amico ricco che, vedendolo ancora in povertà, gli dice: «Che cosa assurda, vecchio mio! Come mai ti sei ridotto così per procurarti da mangiare e vestire? In passato mi volli assicurare che tu potessi vivere agiatamente e soddisfare i cinque desideri; così in quel dato giorno di quel mese di quell’anno, presi un gioiello inestimabile e lo cucii nella fodera del tuo abito. Deve trovarsi ancora lì adesso. Ma tu non ne sapevi nulla e ti sei affaticato e tormentato cercando di guadagnarti da vivere. Che cosa insensata!» (Op. cit., pp. 194-195). Alla scoperta della gemma l’uomo prova una gioia immensa.
Nono capitolo: PREDIZIONI CONFERITE AI NOVIZI E AI DISCEPOLI ANZIANI (Ninki)
Shakyamuni prosegue la sua predizione dell’Illuminazione agli ascoltatori della voce. Viene dapprima annunciata l’Illuminazione ad Ananda, ritenuto il suo migliore discepolo, con queste parole: «In una prossima vita diverrai un Budda col nome di Tathagata Re di Saggezza e Potere Illimitato Come i Mari e Monti, […] perfettamente illuminato, di chiara e perfetta condotta […] La tua Terra sarà chiamata Vessillo di Vittoria Perenne, […] Il kalpa sarà denominato Suono Meraviglioso Ovunque Echeggiante» (Op. cit., p. 200).
Poi Shakyamuni predice l’Illuminazione a Rahula, il figlio che ha avuto prima di rinunciare al mondo, dicendogli: «In una prossima esistenza tu diverrai un Budda col nome di Tathagata Che Cammina su Sette Preziosi Fiori, degno di offerte, perfettamente illuminato, di chiara e perfetta condotta, […] conoscitore del mondo, il più eminente fra gli uomini, istruttore della gente, […]» (Op. cit., pp. 202-3).
Si rivolge quindi ad altri duemila novizi e adepti con queste parole: «A questi duemila ascoltatori della voce/ che ora sono al mio cospetto,/ a ognuno di loro io predìco/ che in un’esistenza futura diventeranno Budda. […] Daranno protezione e sostegno ai forzieri del/ Dharma/ per poi ottenere l’Illuminazione corretta […] Tutti si chiameranno Segno Ingioiellato […] Tutti useranno i poteri sovrannaturali/ per salvare gli esseri viventi nelle dieci direzioni.[…] udiamo la tua voce concedere questa predizione/ e i nostri cuori sono colmi di gioia/ come fossimo immersi nella dolce rugiada!» (Op. cit., pp. 204-205).
Decimo capitolo: IL MAESTRO DELLA LEGGE (Hosshi-hon)
Shakyamuni qui si rivolge al bodhisattva Re della Medicina e tramite lui agli altri «ottantamila grandi uomini» predicendo il loro conseguimento dell’Illuminazione. In questo capitolo descrive le caratteristiche dei maestri della Legge e palesa la sua vera intenzione che poi rivelerà negli altri capitoli. Parla dell’epoca successiva alla scomparsa del Budda e spiega come si dovrebbe vivere in un tempo in cui regna la confusione «degli insegnamenti corretti».
Descrive anche le caratteristiche di una persona che vive in questo tipo di epoca; è una persona che «fa della Legge il suo maestro» ma anche che diventa «maestro e diffonde la Legge». I maestri della Legge sostengono, leggono e recitano il Sutra del Loto e allo stesso tempo lo espongono agli altri. Insegna anche l’atteggiamento con cui propagare la Legge dopo la sua morte dicendo: «Una persona che espone questo sutra/ deve entrare nella stanza del Tathagata,/ indossare la veste del Tathagata,/ sedere sul seggio del Tathagata,/ […] Grande pietà e compassione sono la stanza/ gentilezza e pazienza sono la veste,/ vacuità di tutti i fenomeni è il seggio:/ dimorando in esse esponga la Legge» (Op. cit., p. 216).
In questo capitolo Shakyamuni evidenzia anche che i maestri della Legge subiranno persecuzioni: «E poiché odio e gelosia nei confronti di questo sutra abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo, quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa?» (Op. cit., p. 212).
Undicesimo capitolo: L’APPARIZIONE DELLA TORRE PREZIOSA (Hoto)
Questo capitolo inizia con la descrizione di una maestosa torre chiamata Torre Preziosa «[…] decorata di sette tesori, alta cinquecento yojana, [circa 7 km ndr], larga e profonda duecentocinquanta, che, emersa dalla terra, si librava sospesa nell’aria» (Op. cit., p.221).
Una voce proviene dal suo interno: «Eccellente, eccellente! Shakyamuni, Onorato dal Mondo, tu puoi predicare alla grande assemblea il Sutra del Loto della Legge Meravigliosa […] tutto ciò che hai esposto è la verità!» (Op. cit., 222).
Qualcuno si domanda per quale ragione la torre sia apparsa e perché si oda una voce provenire dal suo interno. Allora Shakyamuni spiega che lì si trova il Budda Molti Tesori (Taho), che molto tempo prima aveva formulato il seguente voto: «“Dopo che sarò diventato Budda e mi sarò estinto, se nelle terre delle dieci direzioni vi sarà un luogo in cui sia predicato il Sutra del Loto, allora la mia torre funeraria emergerà e apparirà in quel luogo, affinché io possa ascoltare il sutra, rendergli testimonianza e lodarne la superiorità”» (Op. cit., p.222).
Ora che Shakyamuni ha radunato tutti i Budda che come sue emanazioni stanno esponendo la Legge, la torre riappare «nei mondi delle dieci direzioni». Shakyamuni dunque apre la Torre Preziosa e appare Molti Tesori seduto all’interno che lo loda nuovamente e lo invita a sedersi accanto a lui. Tutti fissano i due Budda, quindi Shakyamuni solleva tutta l’assemblea e dà inizio alla Cerimonia dell’aria.
Si rivolge poi ai presenti e chiede loro: «Chi è capace di predicare diffusamente il Sutra del Loto della Legge Meravigliosa in questo mondo di saha? Ora è giunto il momento di farlo perché tra breve il Tathagata entrerà nel nirvana. Il Budda desidera affidare questo Sutra del Loto della Legge Meravigliosa a qualcuno affinché possa essere preservato» (Op. cit., p. 228); poi spiega che i Budda delle dieci direzioni si sono radunati per assicurare che la Legge duri a lungo. Quindi Shakyamuni descrive quanto sarà difficile abbracciare e diffondere il Sutra del Loto nel mondo dopo la sua morte, azione molto più complessa che abbracciare e diffondere altri sutra.
Dodicesimo capitolo: DEVADATTA (Daibadatta)
Questo capitolo descrive l’Illuminazione delle persone malvagie, rappresentate da Devadatta e delle donne, rappresentate dalla fanciulla drago. Per spiegare questo, Shakyamuni racconta che in un tempo lontano era vissuto un re che ricercava il Sutra del Loto «senza recedere». In risposta a questo suo spirito di ricerca era comparso un veggente, Asita, che gli aveva promesso: «Se tu non mancherai mai di ubbidirmi, lo esporrò per te» così « […] per amore della Legge questo re abbandonò il regno e il trono […]»
Felicissimo, il re aveva servito Asita, gli aveva preparato i pasti, aveva raccolto la legna, aveva provveduto a tutti i suoi bisogni. Alla fine aveva conseguito la Buddità.
A questo punto Shakyamuni rivela che «[…] il re di quel tempo ero io e il veggente era l’uomo che ora è Devadatta » e che grazie a lui, che «fu un buon amico», aveva ottenuto l’ Illuminazione.
Shakyamuni quindi prosegue predicendo che anche Devadatta in un futuro otterrà la Buddità: «Dopo che saranno passati innumerevoli kalpa, Devadatta conseguirà la Buddità. Egli sarà chiamato Tathagata Re del Cielo, degno di offerte, perfettamente illuminato […]» (Op. cit., p. 240).
Più avanti afferma che coloro che udiranno il capitolo Devadatta e crederanno in esso «senza dubbi e perplessità» «[…] non cadranno mai nell’inferno, nel regno degli spiriti affamati o in quello degli animali, ma nasceranno alla presenza dei Budda delle dieci direzioni, e ovunque nasceranno potranno sempre udire questo sutra» (Op. cit., p. 241).
Nella seconda parte del capitolo Shakyamuni descrive il conseguimento della Buddità da parte delle donne tramite il racconto di come la fanciulla drago l’aveva ottenuta; l’evento è straordinario «perché il corpo di una donna, impuro e corrotto, non può essere un vaso della Legge». Afferma inoltre la possibilità di conseguire la Buddità «rapidamente» così come si è. Ma gli uomini, compresi Shariputra e Monjiu, continuano a pensare che per ottenere la Buddità ci vogliano «innumerevoli kalpa praticando austerità, accumulando azioni, osservando tutte le paramita […]». A questo punto la fanciulla drago porge al Budda un gioiello prezioso che lui accetta immediatamente. La fanciulla drago rivolgendosi a Shariputra dice: «“Ho offerto questo prezioso gioiello e l’Onorato dal Mondo l’ha accettato: ciò non è forse accaduto rapidamente?” Essi risposero: “Sì, davvero rapidamente!”. La fanciulla continuò: “Avvaletevi dei vostri poteri sovrannaturali e guardate come conseguo la Buddità. Sarà cosa persino più rapida!”» (Op. cit., p.245).
La fanciulla drago si trasforma quindi in un uomo «nello spazio di un istante» mostrando concretamente il suo conseguimento della Buddità. Di fronte a tale prova concreta «il bodhisattva Accumulo di Saggezza, Shariputra e tutti gli altri membri dell’assemblea tacitamente credettero a queste cose e le accettarono» (Op. cit., p. 246).
Tredicesimo capitolo: ESORTAZIONE ALLA DEVOZIONE (Kanji)
Tutto il capitolo si snoda sui giuramenti, fatti dai vari bodhisattva, che pronunciano il voto di predicare il Sutra del Loto e dichiarano di essere pronti ad affrontare qualsiasi difficoltà si presenti loro.
Iniziano Re della Medicina, Grande Gioia della Predicazione e i loro ventimila seguaci (bodhisattva) dicendo: «“Preghiamo l’Onorato dal Mondo di non avere ulteriori preoccupazioni. Dopo l’estinzione del Budda, noi onoreremo, abbracceremo, leggeremo, reciteremo e predicheremo questo sutra […]”» (Op. cit., p. 249).
Poi i cinquecento arhat (che avevano ricevuto la predizione nell’ottavo capitolo) pronunciano il loro voto di propagare la Legge «nelle altre terre» «perché in questo mondo di saha le persone sono corrotte e dedite al male […]».
Anche le altre ottomila persone, tra cui la zia di Shakyamuni, Mahaprajapati, la moglie Yashodara, e le monache che le accompagnano pronunciano il voto di propagare «questo sutra in altre terre». Il capitolo si conclude con tutti i bodhisattva che «unendo le loro voci» dichiarano «Noi ti preghiamo di non preoccuparti./ Dopo l’estinzione del Budda/ in un’ epoca di paura e male/ noi predicheremo in lungo e in largo[…]» (Op. cit., p. 253).
Quattordicesimo capitolo: PRATICHE PACIFICHE (Anrakugyo)
Il capitolo inizia con il bodhisattva Manjushri che chiede a Shakyamuni: «“[…] come dovrebbero comportarsi i bodhisattva e i mahasattva per predicare questo sutra nell’era malvagia che seguirà?”[…]» (Op. cit., p.257).
Shakyamuni risponde spiegando in dettaglio con che metodo praticare e propagare la Legge e espone una sorta di codice di comportamento basato su quattro regole. Un bodhisattva «dovrebbe essere gentile, affabile, mai violento né interiormente turbato»; osservare «la vera entità dei fenomeni senza agire od operare distinzioni»; «non deve frequentare intimamente governanti, prìncipi, ministri o alti funzionari […]»; «non si compiaccia di parlare degli errori di altre persone o delle scritture. Non mostri disprezzo per altri maestri della Legge, […]» (Op. cit., p. 258 e sgg.) e più avanti continua «Praticate assiduamente la pazienza,/ abbiate pietà di tutti gli esseri/ e fate del vostro meglio per esporre e predicare/ il sutra lodato dal Budda» (Op. cit., p. 271).
Shakyamuni prosegue: «“Sebbene il Tathagata predichi la Legge con espedienti in modo appropriato alle circostanze, essi non ascoltano, non conoscono, non si rendono conto, non domandano, non credono, non capiscono. Ma anche se queste persone non domandano, non credono e non capiscono questo sutra, allorché avrò conseguito l’anuttara-samyak-sambodhi, ovunque io mi trovi, mi avvarrò dei miei poteri sovrannaturali e del potere della saggezza per avvicinarle a me e farle dimorare in questa Legge”» (Op. cit., pp. 268-9).
Poi Shakyamuni rivolgendosi a Manjushri racconta la storia di un re potente e saggio che quando vede il valore dei suoi soldati in battaglia li premia dando loro armi, campi, case, denaro e oggetti preziosi; non concede però a nessuno il gioiello che porta in cima al capo perché: «“ […] è un gioiello che può stare soltanto sulla testa del re e, se lui lo cedesse, provocherebbe certamente costernazione e allarme fra i suoi sudditi”» (Op. cit., p.270). Quando però vede che «“[…] uno dei suoi soldati si è distinto in modo assolutamente grandioso, il suo cuore ne gioisce a tal punto che egli prende il gioiello incredibilmente prezioso, che ha custodito nella crocchia in cima al capo per tanto tempo e che non è mai stato donato incautamente a nessuno, e lo affida a quell’uomo. La stessa cosa fa il Tathagata.” » (Op. cit., p. 270). Shakyamuni aggiunge: «“[…] questo Sutra del Loto è il supremo tra tutti quelli che sono stati predicati dai Tathagata, tra tutti quelli che sono stati predicati è il più profondo. E viene esposto per ultimo, nello stesso modo in cui il potente re in ultimo donò lo splendido gioiello che aveva custodito per tanto tempo.”»(Op. cit., p. 271).
Quindicesimo capitolo: EMERGERE DALLA TERRA (Yujutsu)
La narrazione inizia con la richiesta da parte dei bodhisattva e mahasattva «giunti dalle terre delle altre direzioni, superiori in numero alle sabbie di otto Gange […]» di essere autorizzati a proteggere, recitare, copiare e fare offerte con diligenza e sincerità a «questo sutra nel mondo di saha», per diffonderlo ampiamente (Op. cit., p. 279). Ma a questa richiesta Shakyamuni risponde: «“Desistete, uomini devoti! Non c’è bisogno che voi proteggiate questo sutra. Perché? Perché in questo mio mondo di saha ci sono bodhisattva e mahasattva numerosi quanto le sabbie di sessantamila Gange, ciascuno con un seguito uguale alle sabbie di sessantamila Gange. Dopo la mia estinzione queste persone sapranno proteggere, leggere, recitare e predicare diffusamente questo sutra» (Op. cit., p.279). Successivamente la terra trema e questi ultimi emergono dalle sue viscere e si inchinano di fronte a Shakyamuni e a Molti Tesori.
A questo punto le quattro guide, Pratiche Superiori, Pratiche Illimitate, Pratiche Pure, e Pratiche Salde, che li rappresentano, salutano il Budda che dice: «[…] “questi bodhisattva e mahasattva che sono emersi dalla terra in numero di incalcolabili, innumerevoli asamkhya [innumerevole – valore di 1059 ndr.] e che tu non hai mai visto in passato, allorché io ho conseguito l’annutara-samyak-sambodhi in questo mondo di saha, io li ho convertiti e li ho guidati, ho allenato le loro menti e ho fatto nascere in loro il desiderio della via […]. Essi gioiscono costantemente della Legge dei Budda, ricercando con assiduità unicamente la saggezza suprema”» (Op. cit., pp. 287-8).
Shakyamuni aggiunge che lui li ha istruiti e convertiti «sin dal lontano, remoto passato». A queste affermazioni i membri dell’assemblea rimangono stupiti e confusi perché fino ad allora avevano creduto che Shakyamuni si fosse illuminato in quella stessa esistenza, meditando sotto l’albero della bodhi. Il capitolo termina con la domanda di Maitreya a Shakyamuni di come questo sia potuto succedere: «Questi bodhisattva innumerevoli:/ come hai potuto in così breve tempo/ istruirli, far sorgere in loro l’aspirazione/ e condurli a dimorare nello stadio della non/ regressione?» (Op. cit., p. 293).
Sedicesimo capitolo: DURATA DELLA VITA DEL TATHAGATA (Juryo)
Shakyamuni risponde a quanto Maitreya ha domandato nel capitolo precedente: «“Ascoltate attentamente il segreto e i poteri sovrannaturali del Tathagata. Gli dèi, gli uomini e gli asura di tutti i mondi credono che l’attuale Budda Shakyamuni, dopo aver lasciato il palazzo degli Shakya, si sia seduto nel luogo dell’Illuminazione non lontano dalla città di Gaya e là abbia conseguito l’anuttara-samyak-sambodhi. Invece, uomini devoti, sono trascorsi innumerevoli, infinite centinaia di migliaia di miriadi di milioni di nayuta di kalpa da quando ho realmente conseguito la Buddità» (Op. cit., pp. 295-6). Continua spiegando che i vari Budda, fino ad ora da lui menzionati, rappresentano solo espedienti usati per condurre le persone all’Illuminazione; infatti il Budda illuminato dal remoto passato può manifestarsi in varie forme per guidare gli altri esseri all’Illuminazione e questo avviene perché egli «percepisce il vero aspetto del triplice mondo esattamente come è» e per lui «non vi è nascita né morte, non vi è esistenza in questo mondo né estinzione».
Poi il Budda prosegue: «[…] sebbene io effettivamente non mi estingua, annuncio la mia estinzione»; fa questo perché altrimenti le persone di scarse virtù «diverrebbero arroganti ed egoiste, oppure si scoraggerebbero e diverrebbero negligenti. Non potrebbero capire quanto sia difficile incontrare il Budda […]» (Op. cit., pp. 298-9).
Shakyamuni per spiegare ancora meglio e far capire a tutti che il Budda usa un espediente per salvarle, racconta la parabola del medico eccellente che finge di essere morto per indurre i figli annebbiati dal veleno a prendere la buona medicina che egli ha preparato per loro, perché il suo desiderio fondamentale, il suo “pensiero costante” è: «[…] come posso far sì che tutti gli esseri viventi/ accedano alla via suprema/ e acquisiscano rapidamente il corpo del Budda?» (Op. cit., p. 305).
Diciasettesimo capitolo: DISTINZIONE DEI BENEFICI (Funbetsu)
In questo capitolo e nei due seguenti Shakyamuni chiarisce quanto siano grandi i benefici che si ricevono ascoltando la predicazione del sedicesimo capitolo Durata della vita.
«A quel tempo, dopo che la grande assemblea ebbe udito il Budda affermare che la sua vita durava un grandissimo numero di kalpa, innumerevoli, infiniti asamkhya di esseri viventi ottennero una grande quantità di preziosi benefici» (Op. cit., p. 307).
I suddetti benefici si ottengono a seconda della condizione vitale e vengono così distinti: trovarsi nello stadio della non regressione; ricordare tutto ciò che si è udito; parlare piacevolmente e senza impedimenti; ricordare gli insegnamenti; far girare la ruota della Legge che non regredisce; far girare la pura ruota della Legge; portare a compimento la via del Budda e infine i benefici che derivano dall’ascolto: «Udendo che la vita del Budda è incommensurabile/ tutti gli esseri sono colmi di gioia».
Shakyamuni quindi afferma: «Quanto maggiori saranno allora [i benefici ndr] se una persona ascolta per esteso questo sutra o lo fa ascoltare ad altri, lo abbraccia e lo fa abbracciare ad altri, lo copia personalmente o lo fa copiare ad altri, offre fiori, incenso, collane […]» (Op. cit., p. 316).
Diciottesimo capitolo: I BENEFICI DI CHI RISPONDE CON GIOIA (Zuiki)
Shakyamuni sollecitato dalla seguente domanda di Maitreya: «[…] “gli uomini e le donne devoti che, udendo questo Sutra del Loto, lo accettano con gioia, quali e quanti benefici otterranno?”» (Op. cit., p. 323) descrive la grande gioia che deriva dal poter ascoltare il Sutra del Loto con queste parole: «“Ajita [altro nome per Maitreya ndr] immagina […] monaci, monache, laici e laiche, o altre persone sagge, giovani o anziane che, dopo aver udito questo sutra, lo accettano con gioia e, allontanandosi dall’assemblea del Dharma si recano altrove, […] e là espongono, secondo la propria capacità, ciò che hanno udito […]. E immagina che questi, dopo aver udito, rispondano con gioia e a loro volta si impegnino a trasmettere l’insegnamento ad altri. […] e che la trasmissione continui da uno all’altro fino a raggiungere la cinquantesima persona”» (Op. cit., pp.323-4).
Poi Shakyamuni paragona i benefici che la cinquantesima persona otterrà a quelli che può ottenere un filantropo che fa offerte (ogni sorta di oggetti preziosi) nell’arco di ottant’anni e spiega che i benefici che la cinquantesima persona acquisisce, provando gioia mentre ascolta il Sutra del Loto, saranno ancora maggiori di quelli ricevuti dal filantropo, che non solo offre questi oggetti ma, vedendo le persone invecchiare e approssimarsi alla morte, decide di insegnare loro la Legge del Budda.
Il capitolo si conclude confermando la realizzazione di benefici ancora maggiori «[…] se uno lo ascolta [l’insegnamento ndr] con/ mente concentrata,/ lo espone, ne chiarisce il significato,/ e lo pratica come il sutra insegna:/ i benefici di questa persona non conoscono limiti» (Op. cit., p. 330).
Diciannovesimo capitolo: I BENEFICI DEL MAESTRO DELLA LEGGE (Hosshi)
In questo capitolo, con il quale termina la definizione di beneficio iniziata nel capitolo diciassettesimo, il Budda parla dei benefici ricevuti da coloro che, oltre a praticare propagano la Legge e in particolar modo di quelli che derivano dalla purificazione dei sei organi di senso: occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente.
Shakyamuni inizia la sua spiegazione rivolgendosi al bodhisattva Diligenza Costante in questo modo: «“Se uomini o donne devoti accettano e sostengono questo Sutra del Loto, se lo leggono, lo recitano, lo spiegano e lo predicano o lo trascrivono, tali persone otterranno gli ottocento benefici dell’occhio, i milleduecento benefici dell’orecchio, gli ottocento benefici del naso, i milleduecento benefici della lingua, gli ottocento benefici del corpo e i milleduecento benefici della mente. Grazie a questi benefici adorneranno i sei organo di senso rendendoli puri”» (Op. cit., p. 333)
Ventesimo capitolo: IL BODHISATTVA MAI SPREZZANTE (Jo-Fukyo)
Questo capitolo racconta di come il Budda Re Suono Maestoso, vissuto in un tempo remoto, aveva predicato la Legge che era poi andata perduta. «La sua Legge corretta durò nel mondo tanti kalpa quante sono le particelle di polvere in un Jambudvipa. […] Dopo che questo Budda ebbe terminato di recare grandi benefici agli esseri viventi, si estinse» (Op. cit., p.354).
Dopo l’estinzione del Tathagata Re Suono Maestoso, l’insegnamento diviene formale e appaiono «monaci estremamente arroganti» che godono di potere. Proprio in queste condizioni appare un bodhisattva chiamato Mai Sprezzante che riverisce qualsiasi persona incontri inchinandosi e pronunciando queste parole di lode: «“Nutro per voi un profondo rispetto; non oserei mai trattarvi con disprezzo o arroganza. Perché? Perché voi tutti state praticando la via del bodhisattva e conseguirete certamente la Buddità”» (Op. cit., p.355).
Di fronte a questo atteggiamento le persone arroganti si irritano e lo insultano dicendo: «“Da dove viene questo monaco ignorante che pretende di dichiarare che non ci disprezza e ci predice che conseguiremo la Buddità? Non sappiamo che farcene delle sue predizioni false e irresponsabili!”» (Op. cit., p. 355). Succede che sia assalito anche fisicamente ma lui ritirandosi a distanza continua a recitare la stessa frase. «“Quando questo monaco fu sul punto di morire, udì dall’alto del cielo ventimila, diecimila, un milione di versi del Sutra del Loto, che in precedenza era stato predicato dal Budda Re Suono Maestoso, e fu in grado di accettarli e sostenerli tutti. Immediatamente ottenne la purezza della vista, dell’udito, dell’olfatto, del gusto, del corpo e della mente, che ho descritto prima. Avendo ottenuto la purezza dei sei sensi la durata della vita si allungò […] ed egli andò in lungo e in largo predicando diffusamente il Sutra del Loto per la gente”» (Op. cit., p. 356).
A questo punto Shakyamuni dichiara: «Il bodhisattva Mai Sprezzante non è altri che me stesso» e termina il capitolo con la predizione che «[…] coloro che lo praticano/ dopo l’estinzione del Budda,/ se odono un sutra come questo/ non nutrano il minimo dubbio e perplessità,/ ma con tutto il cuore/ predichino questo sutra in lungo e in largo,/ per incontrare il Budda era dopo era/ e completare rapidamente la via del Budda» (Op. cit., p. 360).
Ventunesimo capitolo: POTERI SOVRANNATURALI DEL TATHAGATA (Jinriki)
In questo capitolo i bodhisattva della terra fanno voto di predicare il Sutra del Loto dopo l’estinzione di Shakyamuni: «“Onorato dal Mondo, dopo l’estinzione del Budda, nelle terre ove sono presenti le emanazioni dell’Onorato dal Mondo e nel luogo in cui il Budda si è estinto noi predicheremo sicuramente questo sutra in ogni direzione. Perché? Perché anche noi desideriamo ottenere questa grande Legge, vera e pura, accettarla, sostenerla, leggerla, recitarla, predicarla, trascriverla e farle offerte”» (Op. cit., p. 363).
In risposta a questo giuramento Shakyamuni usa i suoi poteri sovrannaturali mostrando vari fenomeni a Manjushri, Pratiche Superiori e agli altri bodhisattva: «Estese in alto la sua lunga e larga lingua fino a raggiungere il cielo di Brahma […] e da ogni poro emise innumerevoli raggi di ogni colore, che illuminarono tutti i mondi nelle dieci direzioni» (Op. cit., p. 364) e lo stesso fanno anche gli altri Budda. Di seguito Shakyamuni racconta come gli esseri viventi sono colmi di gioia per aver assistito a questi incredibili fenomeni e descrive «una terra chiamata saha» dove egli stesso risiede e predica un sutra chiamato il Loto della Legge Meravigliosa; spiega che tutti gli insegnamenti del Tathagata sono stati rivelati in maniera chiara nel sutra e per questo motivo, dopo la sua estinzione, i bodhisattva della terra potranno predicarla.
Il capitolo si conclude ribadendo i benefici e i meriti di chi è in grado di sostenere questo sutra dopo l’estinzione del Tathagata: «Come la luce del sole e della luna/ può fugare oscurità e tenebre,/ così questa persona, mentre passa nel mondo,/ può liberare gli esseri viventi dall’oscurità/ e condurre numeri sconfinati di bodhisattva/ a dimorare finalmente nell’unico veicolo» (Op. cit., p. 368).
Ventiduesimo capitolo: AFFIDAMENTO (Zokurui)
In questo capitolo Shakyamuni descrive la trasmissione dell’insegnamento a tutti i bodhisattva, alle divinità e alle persone presenti: «A quel tempo il Budda Shakyamuni si alzò dal suo trono del Dharma e, manifestando i suoi poteri sovrannaturali, posò la mano destra sul capo degli innumerevoli bodhisattva e mahasattva pronunciando queste parole: “[…] Ora l’affido a voi. Dovete propagare devotamente questa Legge e far sì che i suoi benefici si diffondano dappertutto”» (Op. cit., p. 371).
Allora tutti i bodhisattva e mahasattva giurano ripetendo tre volte all’unisono la loro promessa: «“Porteremo rispettosamente a compimento tutte queste cose, secondo il volere dell’Onorato dal Mondo. Preghiamo l’Onorato dal Mondo di non preoccuparsi a riguardo”» (Op. cit., p. 372). Shakyamuni conclude la Cerimonia nell’Aria dicendo: «Anche la torre del Budda Molti Tesori ritorni dove stava prima» invita poi tutti i Budda provenienti dai mondi delle dieci direzioni a tornare alle loro terre di origine.
Ventitreesimo capitolo: PRECEDENTI VICENDE DEL BODHISATTVA RE DELLA MEDICINA (Yakuo)
In questo capitolo si racconta la storia del bodhisattva Re della Medicina che vuole ripagare il debito di gratitudine nei confronti del suo maestro impegnandosi in pratiche difficili.
Shakyamuni narra che in passato il Tathagata Pura e Splendente Virtù di Sole e Luna ha esposto il Sutra del Loto per un bodhisattva chiamato Visto con Gioia da Tutti gli Esseri. Questo bodhisattva ha praticato il sutra per dodicimila anni e ha ottenuto la samadhi in cui si manifestano tutte le forme fisiche e conscio di avere raggiunto questo stadio per merito del Sutra del Loto, fa il voto di ripagare il debito di gratitudine.
Il bodhisattva Visto con Gioia da Tutti gli Esseri, che diventerà il bodhisattva Re della Medicina, riflettendo che la più grande offerta è donare il suo corpo, si cosparge di olio e si dà alle fiamme. Il Budda Shakyamuni, in punto di morte, trasferisce a lui la Legge e gli affida anche i suoi discepoli poiché si è distinto nella capacità di ripagare il debito di gratitudine. Allora Visto con Gioia da Tutti gli Esseri come ulteriore prova di gratitudine costruisce ottantaquattromila stupa e non ancora soddisfatto, si brucia le braccia per settantaduemila anni dichiarando: «“Ho gettato via le mie braccia. Sicuramente conseguirò l’aureo corpo di un Budda. Se tutto questo è vero e non falso, possano le mie braccia tornare ad essere come prima!”» (Op. cit., p.381). Non appena dichiarato questo, le sue braccia tornano al loro posto.
Shakyamuni spiega che il bodhisattva Visto con Gioia da Tutti gli Esseri non è altro che lui stesso in un’esistenza precedente.
In seguito elenca con vari esempi, come fare offerte al Sutra del Loto sia fonte massima di benefici e realizzazione dei desideri; affida poi a Fiore Sovrano della Costellazione – che aveva chiesto all’inizio del capitolo perché il bodhisattva Re della Medicina si impegnasse in pratiche difficili e ardue – il compito di diffondere questo capitolo: « “Dopo la mia estinzione, nell’ultimo periodo di cinquecento anni, dovrai diffonderlo in tutto il Jampudvipa e non permettere mai che [la sua diffusione] sia interrotta, né dovrai permettere ai demoni malvagi, alla gente demoniaca, agli esseri celesti, ai draghi, agli yaksha o ai demoni kumbhanda di prendere il sopravvento!”» (Op. cit., p. 385-6).
Ventiquattresimo capitolo: IL BODHISATTVA SUONO MERAVIGLIOSO (Myo’on)
Shakyamuni emette un raggio di luce dal centro dei suoi occhi sulla sommità della testa, illuminando le innumerevoli terre orientali dell’universo e tra queste un mondo chiamato Ornato di Pura Luce dove dimora un Budda chiamato Saggezza Regale della Costellazione del Puro Fiore. In questa terra vive anche il bodhisattva Suono Meraviglioso che ha acquisito la padronanza di ogni tipo di meditazione e comprensione. Quando la luce emessa da Shakyamuni illumina il suo corpo, Suono Meraviglioso, rivolgendosi al Budda Saggezza Regale della Costellazione del Puro Fiore, dice che si dovrà recare nel mondo di saha per incontrare il Budda Shakyamuni e i vari bodhisattva.
Il Budda gli risponde: «Non devi guardare quella terra con disprezzo e non devi averne una bassa opinione» (Op. cit., p. 390). Quindi il bodhisattva Suono Meraviglioso, fa apparire ottantaquattromila splendidi fiori di loto sul Picco dell’Aquila che vengono così descritti: «I loro steli erano di oro Jambunada, le foglie d’argento, gli stami di diamante e i calici di gemme kimshuka» (Op. cit., p. 391). Manjushri rimane sbigottito e domanda al Budda il significato dell’apparizione di questo segno propizio e Shakyamuni gli risponde che Suono Meraviglioso desidera venire nel mondo di saha per porgergli offerte, assisterlo e rendergli omaggio.
Allora Suono Meraviglioso appare insieme a ottantaquattromila bodhisattva e questa apparizione viene descritta con aggettivi che rivelano l’eccezionalità dell’evento meraviglioso. A questa visione il bodhisattva Fiore di Virtù chiede: «[…] quali meriti ha coltivato per possedere questi poteri sovrannaturali?» e il Budda spiega che Suono Meraviglioso nel passato ha fatto offerte a un Budda e che grazie a queste offerte, è rinato dotato di poteri.
Il capitolo termina con questa descrizione: «Questo bodhisattva Suono Meraviglioso, con tali svariate trasformazioni, si manifesta in forme differenti in questo mondo di saha e predica questo sutra a beneficio degli esseri viventi; […] con diversi tipi di saggezza illumina il mondo di saha facendo acquisire a ciascun essere vivente la comprensione appropriata; […]. Quando [il Budda] ebbe predicato questo capitolo […] tutte le ottantaquattromila persone che erano venute insieme al bodhisattva Suono Meraviglioso acquisirono questa samadhi che avrebbe loro consentito di manifestare ogni tipo di corpo» (Op. cit., pp. 395-6).
Venticinquesimo capitolo: IL BODHISATTVA PERCETTORE DEI SUONI DEL MONDO (Kanzeon on)
Nel capitolo si narra la vita del Bodhisattva Percettore dei Suoni del Mondo che si è dedicato a salvare la propria patria dalla sofferenza manifestandosi in trentatré forme diverse. Il Bodhisattva Volontà Inesauribile domanda per quale motivo Percettore dei Suoni del Mondo abbia questo nome; Shakyamuni risponde: «“Uomo devoto, immagina che vi siano centinaia, migliaia, decine di migliaia, milioni di esseri viventi afflitti da varie tribolazioni e sofferenze. Se sentono parlare di questo bodhisattva Percettore dei Suoni del Mondo e invocano il suo nome con tutto il cuore, egli percepirà all’istante la loro voce ed essi saranno liberati dalle tribolazioni”» (Op. cit., p. 399).
Poi elenca una serie lunga di benefici che derivano dall’ascolto delle trasformazioni che Percettore dei Suoni del Mondo assume per la salvezza degli esseri viventi riconoscendo i “suoni” di ogni persona sofferente: « “[…] questo bodhisattva […] ha ottenuto tali benefici e, assumendo una gran varietà di forme differenti, vaga per le terre salvando gli esseri viventi. Per questa ragione tu e gli altri dovete fare offerte devotamente al bodhisattva […] Questo bodhisattva […] può donare il coraggio a coloro che si trovano in circostanze terribili, pesanti o difficili. Per questa ragione nel mondo di saha è chiamato Dispensatore di Coraggio”» (Op. cit., p. 404).
A questo punto il Bodhisattva Volontà Inesauribile si toglie una preziosa collana di gemme e la offre a Percettore dei Suoni del Mondo che inizialmente rifiuta ma incoraggiato da Shakyamuni la accetta.
Il capitolo si conclude con la moltitudine di ottantaquattromila persone dell’assemblea che dopo aver udito la predicazione di questo capitolo decidono di conseguire «l’anuttara-samyak-sambodhi».
Ventiseiesimo capitolo: DHARANI (Dharani)
All’inizio del capitolo il bodhisattva Re della Medicina domanda a Shakyamuni quali siano i meriti o i benefici di chi accetta, sostiene e recita il Sutra del Loto. Shakyamuni afferma: «“Se uomini o donne devoti accettano e sostengono anche soltanto una quartina di questo sutra, se la leggono e la recitano, ne comprendono i princìpi e la praticano come insegna il sutra, i benefici che otterranno saranno moltissimi”» (Op. cit., p. 411).
Allora sentendo ciò il bodhisattva Re della Medicina dichiara: «“Onorato dal Mondo, ora affiderò a coloro che predicano la Legge alcune formule dharani che li difenderanno e li proteggeranno”» (Op. cit., p. 412). Anche il bodhisattva Donatore Coraggioso, i re celesti Sostegno della Nazione e Vaishravana e le figlie dei demoni rakshasa promettono uno dopo l’altro di difendere e proteggere coloro che abbracciano il Sutra del Loto affidando, anche loro, alcune formule dharani. Shakyamuni gioisce e li loda con queste parole «“Eccellente, eccellente! Se voi proteggerete coloro che accettano e sostengono anche soltanto il nome del Sutra del Loto, il vostro merito sarà immenso”» (Op. cit., p. 416).
Ventisettesimo capitolo: PRECEDENTI VICENDE DEL RE ORNAMENTO MERAVIGLIOSO (Myoshogonno)
In questo capitolo si narra la storia di come il Budda stesso desiderava convertire il re Ornamento Meraviglioso. Il re è sposato con la regina Pura Virtù e i loro due figli, Puro Tesoro e Puro Occhio, hanno abbracciato la fede nella Legge esposta dal Budda Saggezza del Fiore Sovrano della Costellazione Suono del Tuono.
Subito dopo avere abbracciato l’insegnamento del Sutra del Loto i due figli desiderano farlo conoscere ai genitori. Prima invitano la madre ad abbracciare la Legge e poi le chiedono consiglio sul come fare per convertire il padre. Lei risponde, che essendo lui «profondamente legato alla Legge brahmanica», dovranno mostrargli per convincerlo qualche prodigio sovrannaturale derivante da questa Legge. Allora i due figli vanno dal padre e gli mostrano le loro capacità sovrannaturali: si sollevano fino a grande altezza, camminano e si sdraiano nell’aria, ingrandiscono il loro corpo fino a riempire tutto il cielo, camminano sull’acqua, svaniscono e riappaiono. Il re Ornamento Meraviglioso rimasto entusiasta chiede immediatamente chi sia il loro maestro. I due fratelli rispondono: «“[…] il Budda Saggezza del Fiore Sovrano della Costellazione Suono del Tuono […] sta esponendo diffusamente il Sutra del Loto. È lui il nostro maestro e noi siamo suoi discepoli”» (Op. cit., 421).
Sentendo che il padre si vuole recare dal Budda, i due figli decidono di rinunciare al titolo di prìncipi per dedicarsi alla pratica buddista perché dicono: «“[…] incontrare il Budda è altrettanto difficile […] quanto per una tartaruga con un solo occhio trovare un ceppo di legno forato che galleggia”» (Op. cit., p. 422).
Il re decide quindi di recarsi dal Budda portandosi dietro la corte; e ascoltata la sua predicazione, tutti si convertono. Il re, felice, fa offerte al Budda che gli predice che diventerà un Budda dal nome Re dell’Albero di Sal. Il re lascia il trono al fratello minore per dedicarsi insieme alla famiglia a praticare la Via e pronuncia parole di lode nei confronti dei suoi figli: «“[…] questi miei due figli hanno già svolto l’opera del Budda e mediante le trasformazioni sovrannaturali hanno distolto la mia mente dalle false dottrine, consentendomi di dimorare al sicuro nella Legge del Budda […] Questi due figli sono stati dei buoni amici per me”» (Op. cit., p. 424).
Alla fine del capitolo il re promette al Budda: «“Da ora in poi non seguirò più i capricci della mia mente, ne darò adito a concezioni erronee o all’arroganza, alla collera o ad altri cattivi pensieri”» (Op. cit., p. 426).
Ventottesimo capitolo: GLI INCORAGGIAMENTI DEL BODHISATTVA VIRTU’ UNIVERSALE (Kambotsu)
Il Bodhisattva Virtù Universale, accompagnato da un grande numero di bodhisattva, implora il Budda di chiarire in che modo le persone potranno ricevere il Sutra del Loto dopo la sua morte. Shakyamuni spiega così quattro condizioni dicendo: «Se, dopo l’estinzione del Tathagata, uomini e donne devoti soddisferanno quattro condizioni, potranno ricevere questo Sutra del Loto”» (Op. cit., p. 430). Le quattro condizioni che cita sono: «essere protetti e ricordati dai Budda, […] piantare radici di virtù […] entrare nello stadio in cui sono certi dell’Illuminazione […] risvegliare il desiderio di salvare tutti gli esseri viventi». (Op. cit., p. 430).
Dopo avere udito ciò, Virtù Universale pronuncia il voto: «“[…] se nell’epoca corrotta e malvagia […] vi sarà chi accetterà e sosterrà questo sutra, io lo proteggerò e lo difenderò, lo libererò dal declino e dai pericoli, farò in modo che ottenga la pace e la tranquillità e mi assicurerò che nessuno possa scoprire i suoi punti deboli e approfittarne”» (Op. cit., p. 430). Aggiunge inoltre che se le persone che accettano, sostengono, leggono e recitano il sutra ne dimenticheranno anche una sola frase o un verso lui glieli suggerirà e «“[…] quando la loro vita giungerà al termine, esse saranno accolte dalle mani di mille Budda che le libereranno da ogni paura e impediranno loro di cadere nei cattivi sentieri dell’esistenza”» (Op. cit., p. 433).
Conclude il suo voto dicendo che dopo la morte del Budda farà «in modo che [questo sutra ndr.] sia propagato in tutto il Jampudvipa e che non abbia mai fine» (Op. cit., p. 433). Il Budda allora lo loda e chiude la sua predicazione con queste parole: «“Perciò, Virtù Universale, se vedrai una persona che accetta e sostiene questo sutra, dovrai alzarti e salutarla di lontano, mostrandole lo stesso rispetto che mostreresti a un Budda”» (Op. cit., p. 435).
«Quando il Budda predicò questo sutra, […] tutti i componenti della grande assemblea, si sentirono colmi di grande gioia. Accettando e sostenendo le parole del Budda, essi si inchinarono rispettosamente e si accomiatarono.» (Op. cit., p. 436).