A Torino un incontro su transizione ecologica, futuro dell’umanità ed economia civile 

Sabato 14 giugno si è tenuto presso il Campus Einaudi dell’Università degli Studi di Torino il seminario dal titolo “La cura della casa comune. Uniti da una stessa preoccupazione – Transizione ecologica, futuro dell’umanità, economia civile”, una riflessione promossa dalla Fondazione Donat-Cattin in collaborazione con i Dipartimenti di Giurisprudenza e di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino. Al seminario ha partecipato anche l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, rappresentato da Chiara De Paoli, viceresponsabile nazionale giovani. 

Uno dei grandi temi dell’attualità politica e culturale riguarda le crescenti preoccupazioni per il futuro del pianeta: riscaldamento globale, crisi idrica, eventi climatici estremi e diffusione della siccità sono solo alcune delle evidenze che richiamano l’umanità alla responsabilità di un’inversione di tendenza rispetto allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. 

L’incontro, avviato con lo scopo di mettere in luce la necessità di affrontare queste grandi sfide ambientali, è stato caratterizzato dall’analisi multidisciplinare dell’Enciclica di Papa Francesco Laudato si’ pubblicata nel 2015. Il direttore della Fondazione, Gianfranco Morgando, oltre a portare i saluti della presidente Mariapia Donat-Cattin, ha introdotto il seminario evidenziando la necessità, di fronte ad una preoccupazione comune come quella ambientale, di “costruire un nuovo rapporto tra politica, economia e società, e che questo nuovo rapporto può essere costruito soltanto nel dialogo tra le grandi correnti spirituali, religiose e le competenze scientifiche, economiche e politiche”. 

Nei saluti introduttivi, la professoressa Ilaria Zuanazzi – ordinaria del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino – ha evidenziato come “la cura della casa comune sia un tema significativo anche per la situazione di attualità che stiamo vivendo, dove assistiamo ad una conflittualità esagerata che porta addirittura alle guerre, ad un’aggressività, ad una competitività e a rapporti umani e sociali che non solo sfruttano l’ambiente ma che sono dichiaratamente improntati all’utilitarismo, all’individualismo, all’egoismo, quando invece alla base dell’uso della scienza ci devono essere la responsabilità umana e scelte etiche che abbiano a riguardo il bene della persona”. 

L’evento, suddiviso in due panel, ha visto alternarsi relatori e relatrici che hanno evidenziato come il richiamo alla casa comune stia ad indicare un coinvolgimento, sul piano delle responsabilità, di tutti quanti, istituzioni, corpi intermedi, singoli cittadini, riuniti o meno in associazioni.

Nell’enciclica Papa Francesco propone il concetto di “ecologia integrale” —di un’ecologia cioè che parta dal convincimento che l’essere umano è parte integrante della natura e dell’ambiente in cui vive: “Quando parliamo di “ambiente” facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati” (articolo 139 di Laudato Si’). Durante la conferenza si è posto l’accento sull’importanza di mettere insieme competenze e scuole di pensiero differenti e cittadinanza attiva, perché solo così possono emergere percorsi alternativi che abbiano un impatto sia ambientale sia sociale. A tal proposito, le attività e le esperienze descritte dalla rappresentante di Slow food, sia sul territorio nazionale sia a livello mondiale, sono un esempio di percorsi alternativi che hanno permesso il sorgere di microeconomie che hanno determinato non solo la rinascita di piccole comunità ma anche il recupero di prodotti e tradizioni che rischiavano di andare perduti, insieme alla tutela delle categorie più fragili.  

Nel suo intervento intitolato “Dall’empowerment alla leadership: la persona al centro del cambiamento”, Chiara De Paoli ha ribadito che la crisi ambientale è, in realtà, una crisi della dignità umana e che ogni transizione ecologica duratura deve partire dall’empowerment e dalla leadership diffusa delle persone. Riprendendo il pensiero di Daisaku Ikeda, ha sottolineato come la trasformazione interiore, il rispetto della vita e l’interdipendenza siano i motori etici per costruire comunità resilienti e inclusive, capaci di generare cambiamento dal basso e di garantire una giusta transizione che non lasci indietro nessuno. “I cambiamenti ecologici più duraturi non si impongono dall’esterno, ma si innescano dall’interno” ha affermato. 

Un passaggio centrale è stato dedicato a Christiana Figueres, ex segretaria esecutiva della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), celebre per aver guidato i negoziati che portarono all’Accordo di Parigi del 2015, considerato la più grande svolta nella lotta globale al cambiamento climatico. Chiara ha ricordato le sue parole: “Tutti coloro che erano presenti all’adozione […] si sentivano ottimisti riguardo al futuro, ma in realtà l’ottimismo era stato il punto di partenza del percorso”. Da questa lezione nasce l’importanza dell’“ottimismo ostinato” come atto strategico, insieme all’educazione e al protagonismo dei giovani. Citando la campagna “Cambio io, cambia il mondo” della Soka Gakkai italiana come esempio concreto, ha lanciato un appello a sostenere l’educazione climatica per costruire leadership collettive capaci di rispondere alle sfide globali con visioni etiche, politiche e spirituali. 

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