OLTRE IL PROFITTO

Università delle Filippine, 1991

Desidero ringraziare il dottor Abueva, eminente rettore dell’Università delle Filippine, il cancelliere dottor Roman, il dottor Agulto, preside della facoltà di Economia e gli altri membri di facoltà, oggi presenti, per avermi invitato in questo prestigioso ateneo, dall’eccelsa tradizione di studi.
Desidero inoltre congratularmi con gli studenti che si laureano oggi. Questa loro cerimonia coincide con il settantacinquesimo anniversario dalla fondazione del corso. Poiché voi tutti, studenti e facoltà, sostenete gli ideali di cittadinanza globale, a cui aderì il grande eroe filippino José Rizal, desidererei condividere con voi alcune riflessioni sulla sua visione.

LO SPIRITO DI ONESTÀ

Ho sempre tenuto presente il detto: «Sii padrone dei tuoi affari, non lasciare che siano essi i tuoi padroni». Per loro natura gli affari sono guidati dall’efficienza economica e dal perseguimento del profitto. Un professionista che lavori esclusivamente per il bene della propria impresa, penserà solo in termini di profitto netto. Questa visione ristretta, talvolta, ha dato luogo a una competizione così eccessiva da esplodere in conflitti bellici. Se le attività economiche devono contribuire agli sforzi per la pace, la logica del capitale deve essere temperata da quella dell’umanità. Come si può giungere a questo? In giapponese vi è un termine, kosei, che può essere tradotto come spirito di onestà. Esso significa anche uguaglianza, imparzialità, come pure giustizia. Destò il mio interesse sapere che il termine katarungan in tagalog (1) include ambedue i significati di giustizia e di uguaglianza.
Un individuo onesto riconosce la contraddizione intrinseca all’attività economica per cui i ricchi diventano più ricchi e i poveri ancor più poveri, a livello individuale come a livello nazionale. In questo senso, si può riconoscere la minaccia insidiosa della crescita economica che prospera a discapito dell’ambiente globale e del fragile equilibrio dell’ecosistema. L’esportazione di inquinamento verso paesi con regolamentazioni meno rigide, per esempio, è un anatema per quelle persone che ritengono prioritarie giustizia e uguaglianza. I giapponesi potrebbero essere citati a tale riguardo e per ciò si dovrebbero soffermare a riflettere sulle loro attività all’estero.
Lo spirito di onestà e giustizia non è una condizione a priori. Nel suo intervento all’Università Soka nel 1990, il dottor Abueva descrisse lo spirito tradizionale filippino del bayanihan (aiuto reciproco nella comunità). Tale modello, per cui è assicurato il benessere di ciascun individuo, è rispettato e trasmesso nel corso delle vicissitudini della storia. Attraverso le difficoltà, lo spirito di onestà si trasforma da ethos di un popolo in principio universale, dotato della forza dell’acciaio, del calore del sole e della vastità del cielo.
Un simile travaglio è rappresentato nell’incisivo romanzo di guerra, Without Seeing the Dawn, di Stevan Javellana, ex-alunno dell’Università delle Filippine. Nel leggere la sua opera, mi sono venute in mente le atrocità commesse dall’Esercito e dalla Marina Imperiali durante la Guerra del Pacifico e, come cittadino giapponese, desidero offrirvi le mie più profonde scuse. Poiché vorrei contribuire a costruire le fondamenta per l’amicizia tra le nazioni, amicizia che sia di sostegno alla causa della pace per il bene delle future generazioni, questo capitolo della storia del mio paese è per me sconvolgente.
Il romanzo di Javellana racconta la storia di tre cugini di natura mite, costretti a combattere l’uno contro l’altro, come nemici. Due cugini sono dalla parte della resistenza antinipponica, mentre il terzo è membro del corpo di polizia filippino che coopera con l’esercito di occupazione. Una scena mi ha impressionato profondamente. In questa, Carding e Gondoy scoprono che il loro cugino Polo è tra le forze nemiche a cui essi stanno per tendere un agguato.
«”Dobbiamo seguire gli ordini” Carding disse con tranquillità. Ma Gondoy non poteva rimanere in silenzio. “Questa è una guerra strana” sospirò, “in cui si combatte contro il proprio fratello”. “Gondoy” disse Carding, “Polo è amico e cugino per tutti noi, qui. Ma che altra scelta abbiamo?” “è abbastanza per scoraggiarsi. Vorrei che questa guerra fosse già finita”.» (2)
Attraverso la semplicità di questo dialogo, si percepisce un’intensa lotta alla ricerca di una giusta decisione sulla questione della violenza opposta alla nonviolenza.

UNO SCOPO NON CONSEGUITO

Probabilmente, non vi è una risposta alla domanda su quale sia in effetti una «giusta» prospettiva e questa ambivalenza filosofica rende tragico il romanzo. Se si dovesse dare una tale risposta, seppure approssimativa, dovrebbe essere una sintesi di questi due punti di vista in termini dialettici. In questo modo, latesi per cui la tradizione filippina pone enfasi sui legami familiari e di sangue, personificata dal mite Gondoy, interagisce con l’antitesi della forza e del realismo pratico di Carding. La sintesi che ne risulta rappresenterebbe un salto da una visione limitata e parziale a una prospettiva più ampia, olistica. Un vero senso di onestà deve derivare da uno spirito universale, a un livello più alto.
Nel mondo degli affari, con un simile spirito, non ci si preoccuperebbe dell’utile della propria iniziativa imprenditoriale o della propria nazione, ma si prenderebbe in considerazione l’interesse più generale dell’intero pianeta e di tutta l’umanità per così ispirare l’individuo a dei giudizi imparziali, anche se a volte ciò può comportare l’autosacrificio. Questo atteggiamento permetterebbe di trascendere il guadagno e il profitto personale.
In un brano verso la fine del suo famoso romanzo El Filibusterismo José Rizal afferma: «Non intendo dire che dobbiamo acquisire la nostra libertà con la spada alla gola… ma dico che dobbiamo conquistarla meritandocela…» (3) Caduto in prigionia, sebbene lacerato dolorosamente tra i suoi ideali e la realtà, Rizal continuò a perseguire il suo sogno lontano di trionfo della non- violenza sulla violenza, del potere dello spirito sulla forza bruta. In questo senso, una simile vittoria dello spirito sarebbe anche un trionfo della logica dell’umanità su quella del capitale.
Allo stesso modo, credo che la rivoluzione del febbraio 1986 fece muovere alla nazione un passo in avanti verso la realizzazione del sogno accarezzato da Rizal. Il fatto che una dittatura radicatasi per diciassette anni fosse rovesciata dal potere del popolo, senza ricorso alla violenza, è uno straordinario evento che risplenderà negli annali della storia mondiale.
Il dottor Abueva descrisse questa vittoria con grande forza nel suo discorso inaugurale come preside dell’Università delle Filippine: «La nostra popolazione all’EDSA (4) ha tradotto in azione le maggiori virtù della nostra razza: il nostro amore per la pace e la libertà, il nostro senso di comunità e solidarietà, il nostro rispetto della dignità umana, la nostra natura profondamente morale e religiosa». (5)
Fu un trionfo che vide un progresso di grande importanza nella storia di questa popolazione. Forte di tali conquiste, ogni cittadino delle Filippine ora ha una missione davvero preziosa: andare avanti, avvicinarsi sempre più al completamento degli scopi della rivoluzione che rimangono ancora incompiuti. Con questo pensiero in mente, desidero concludere con una citazione da una poesia che Rizal scrisse in gioventù:

Alzate i vostri radiosi occhi,
oggi, giovani dei miei patri lidi!
Il vostro talento mostra,
luminosa e superba,
la speranza della mia terra natia!
Oh Spirito, vola alto,
e con nobili pensieri colma i loro cuori:
il sito della gloria e dell’onore
possano le loro menti vergini volare e trovare,
più rapide del vento. (6)

Spero che ognuno dei laureati di questo eccellente ateneo raggiunga la propria realizzazione individuale e un grande successo. Ho fiducia che l’Università delle Filippine continui sul suo cammino costellato di grandi risultati, in modo da contribuire al progresso della nazione e a un futuro più luminoso per il nostro mondo.

NOTE
(1) Il tagalog è un dialetto filippino.
(2) Stevan Javellana, Without Seeing the Dawn (Boston: Little, Brown and Company, 1947), pag. 284
(3) José Rizal, El Filibusterismo (Il sovversivo), trad. Leon Ma. Guerrero, Bloomington, Indiana University Press, 1962, pag. 297
(4) EDSA : sigla che sta per Epifanio de los Santos Avenue, dove nel 1986 è scoppiata una delle più grandi rivolte popolar i nella storia delle Filippine.
(5) Dal discorso inaugurale di José Abueva alla propria investitura come quindicesimo presidente dell’Università delle Filippine (1988).
(6) José Rizal, Rizal’s Poems, Manil, National Historical Institute, 1990, pagg. 99-100

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