Il termine giapponese kosen-rufu esprime un concetto di fondamentale importanza per i membri della Soka Gakkai. Spesso viene tradotto come “pace nel mondo”, intesa però in senso più vasto della semplice “assenza di guerre”. Si potrebbe definire come pace omnicomprensiva, ottenuta attraverso un radicale cambiamento nel cuore delle persone grazie alla diffusa adozione di valori umanistici quali – prima di ogni altro – l’assoluto rispetto per la dignità della vita. L’espressione kosen-rufu ha un’origine antica e appare nel ventitreesimo capitolo del Sutra del Loto, Precedenti vicende del bodhisattva Re della medicina. In un brano del capitolo si legge: «Dopo la mia estinzione, nell’ultimo periodo di cinquecento anni, dovrai diffonderlo in tutto Jambudvipa e non permettere mai che la sua diffusione sia interrotta». L’espressione «dovrai diffonderlo [il Sutra del Loto]» viene resa da Nichiren Daishonin con il termine kosen-rufu.

I quattro ideogrammi che compongono l’espressione significano: ko “ampiamente”, sen “dichiarare”, ru “corrente dell’acqua” e fu “tessuto” costituito dalla trama e dall’ordito.
Kosen indica quindi l’azione di far conoscere ampiamente la Legge mistica, mentre rufu indica la diffusione come flusso incessante che scorre nella vita quotidiana delle persone e nelle relazioni sociali.
Poiché, secondo la visione buddista, la Legge mistica è la Legge della vita che permette alle persone di diventare felici consentendo di manifestare il loro più grande potenziale, la Buddità, ed è quindi il motore del progresso degli esseri umani e della società, agire per realizzare kosen-rufu significa impegnarsi nella costruzione di una società pacifica e felice.
Il Daishonin decise da solo e spontaneamente di realizzare kosen-rufu nel mondo, spinto dalla compassione per tutti gli esseri umani, sicuro che molti l’avrebbero seguito. «Dapprima solo Nichiren – scrive in una sua lettera – recitò Nam-myoho-renge-kyo, ma poi due, tre, cento lo seguirono, recitando e insegnando agli altri. La propagazione si svilupperà così anche in futuro. Non vuol dire ciò “emergere dalla terra”? Infine, al tempo in cui la Legge si diffonderà ampiamente [il tempo di kosen-rufu, n.d.r.] l’intero paese del Giappone reciterà Nam-myoho-renge-kyo; questo è certo come una freccia che, puntata verso terra, non può mancare il bersaglio».

Kosen-rufu dunque implica un modo di avvicinarsi alla pratica buddista profondamente calato nelle questioni sociali e secolari. Nichiren Daishonin si distingueva dai buddisti suoi contemporanei perché poneva l’accento su kosen-rufu: in quest’ottica, la felicità individuale, o Illuminazione, è indissolubilmente collegata alla pace e alla felicità dei nostri simili e della società nel suo complesso. Egli rifiutava l’idea che l’Illuminazione fosse qualcosa da coltivare come una virtù privata, interiore. Allo stesso modo rifiutava l’idea che il vero obiettivo del Buddismo fosse di accumulare ricompense per l’aldilà. Questi due concetti – secondo il Daishonin – avevano in comune una sorta di rassegnazione riguardo alla capacità di superare la sofferenza e trasformare positivamente la società, un’inaccettabile distorsione dell’idea chiave del Buddismo secondo cui le persone possono realizzare la vera felicità nel posto in cui vivono. Entrambi gli approcci erano dunque bersaglio delle sue aspre critiche.
Secondo Nichiren, l’Illuminazione non è tanto un obiettivo in sé, quanto la base per un’ulteriore azione compassionevole. Lo stato vitale di Buddità viene dunque espresso, mantenuto e rafforzato attraverso azioni dirette a contribuire al benessere e alla felicità delle altre persone.

L’enfasi di Nichiren su kosen-rufu rifletteva anche la sua visione del tempo: vigeva la convinzione che la storia fosse entrata nel periodo “dell’Ultimo giorno della Legge” (giapp. mappo). Era stato predetto, infatti, che – a partire da 2000 anni dopo la morte del Budda Shakyamuni (da qui l’affermazione “nel quinto periodo di cinquecento anni dopo la mia morte” sopra citata) – ci sarebbe stato un periodo in cui gli insegnamenti del Budda avrebbero perso il potere di condurre le persone all’Illuminazione. I calcoli effettuati dai buddisti giapponesi avevano collocato l’inizio dell’Ultimo giorno della Legge nel 1052. L’arrivo di quest’epoca così temuta fu accolto con grandissima preoccupazione.
La natura degenerata dell’epoca e il fallimento della legge buddista sembravano confermati dagli eventi. Nel 1221, per esempio, (un anno prima della nascita di Nichiren), un imperatore aveva cercato di rovesciare il governo dei samurai mobilitando le sette buddiste istituzionali a pregare per la sua vittoria. Ma fu sconfitto e passò il resto della sua vita in esilio. Nell’immaginario popolare, ciò rappresentava una sconfitta impensabile per l’autorità secolare dell’imperatore e quella religiosa del Buddismo di stato. Violenti disastri naturali, agitazioni politiche, carestie e pestilenze continuarono a susseguirsi in tutto l’arco della vita del Daishonin, confermando la sua visione dell’epoca.
Ma Nichiren, contrariamente a molti dei suoi contemporanei, non considerava l’Ultimo giorno come un’epoca di rassegnazione a sofferenze inevitabili. Concentrava invece la sua attenzione su quei brani del Sutra del Loto nei quali si prediceva che sarebbe stata l’epoca in cui il Buddismo avrebbe ripreso nuova vita e si sarebbe diffuso ampiamente a beneficio della gente. Piuttosto, vedeva l’Ultimo giorno come un’epoca in cui la ricerca della sola felicità individuale non era più un’opzione praticabile: l’unica strada per la felicità era sfidare direttamente le cause prime dell’infelicità che affliggeva tutte le persone e la società nel suo complesso.

Naturalmente kosen-rufu non indica la conversione di tutti gli abitanti della terra al Buddismo del Daishonin. Poiché le vite di tutte le persone sono collegate nel profondo, un cambiamento radicale di un individuo avrà un effetto positivo su tutti coloro con cui entra in contatto, soprattutto con quelli con cui condivide un forte legame. Daisaku Ikeda scrive: «La rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine a un cambiamento nel destino di tutta l’umanità». «Ciò che conta – scrive ancora Ikeda – è che lo spirito della grande filosofia di pace che il Sutra del Loto espone quando spiega che tutte le persone sono Budda sia pienamente applicato alla società nel suo complesso. […] Significa far sì che il fondamento e la forza propulsiva della società siano i concetti di dignità umana e sacralità della vita».
In questo senso, kosen-rufu si realizza a partire dal cambiamento di ogni singola persona, una trasformazione che avviene attraverso il continuo sforzo di avvicinare la propria intenzione, il proprio comportamento e le proprie azioni a quelle del Budda. Questa è la via della rivoluzione umana, attraverso la quale è possibile costruire pace e felicità durature. E poiché le azioni del Budda sono tutte volte alla realizzazione del suo grande desiderio («Come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano alla via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo di Budda»), contribuire a kosen-rufu consiste nell’incessante impegno di risvegliare tutte le persone al senso del loro infinito potenziale o Buddità.

Kosen-rufu non è un obiettivo finale, un capolinea: la sua essenza è tutta contenuta nel processo e nelle azioni finalizzate alla sua realizzazione, e non implica la fine di tutti i conflitti e delle contraddizioni della società. Piuttosto, si può pensare a kosen-rufu come alla costruzione di un mondo in cui un profondo e diffuso rispetto per la vita sia la base per affrontare e risolvere in modo pacifico e creativo tutti i conflitti. Inoltre, non è un tempo da attendere passivamente, ma una condizione che si può cominciare a realizzare proprio ora, nelle nostre comunità.

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