Negli insegnamenti buddisti precedenti al Sutra del Loto, la pratica religiosa è vista come un percorso di cambiamento graduale. Partendo da una condizione fondamentalmente imperfetta, il comune mortale – attraverso sforzi diligenti per accumulare cause positive ed evitare quelle negative – compie un processo di trasformazione della propria vita indirizzandola verso uno stato di perfezione assoluta: la Buddità.
Nichiren Daishonin, partendo da quanto viene rivelato nel Sutra del Loto, insegna che il conseguimento della Buddità è invece governato da una causalità più profonda che offre una visione radicalmente diversa dell’essere umano e del conseguimento della Buddità. In tale prospettiva, illusione e Illuminazione – il comune mortale e il Budda – sono due manifestazioni della vita, che di per sé è neutra. Anche se la condizione umana “di base” è intrisa di illusione, manifestare la Buddità non richiede un mutamento fondamentale di tale natura; in effetti la convinzione stessa che la Buddità sia in qualche modo lontana dalla realtà quotidiana è di per sé un’illusione.
La differenza fra gli insegnamenti precedenti e quelli successivi al Sutra del Loto può essere chiarita ulteriormente grazie alla teoria dei Dieci mondi. Questo principio descrive il nostro stato vitale interiore in ogni istante definendolo in base a uno dei dieci mondi, da quello pieno di sofferenza dell’Inferno a quello pieno di gioia della Buddità; si può passare da un mondo a un altro a seconda della direzione che noi stessi imprimiamo alla nostra esistenza e in base a come rispondiamo agli stimoli dell’ambiente.
Negli insegnamenti predicati da Shakyamuni prima del Sutra del Loto, i comuni mortali portano avanti la loro pratica nei nove mondi (causa) e alla fine ottengono la Buddità (effetto). I nove mondi spariscono per essere sostituiti dal mondo di Buddità. Il Sutra del Loto, invece, chiarisce che la Buddità e i nove mondi sono perfettamente inerenti alla vita in qualsiasi momento, e che il mondo di Buddità si manifesta attraverso la fede e la pratica buddista.
La differenza fra questi due punti di vista si può illustrare attraverso un’analogia con i video game. Nella visione più “antica” del processo di Illuminazione è come se il protagonista del video game (il comune mortale), attraverso i vari stadi di avanzamento del gioco, accumulasse sempre più poteri e capacità. Nell’ottica del Sutra del Loto, al contrario, il “giocatore” è già in possesso, sin dall’inizio, di tutti i poteri possibili: ha soltanto bisogno di un mezzo per dischiuderli e dispiegarli.
La pratica del Buddismo di Nichiren Daishonin permette proprio questo, di manifestare la Buddità qui e ora, nella vita quotidiana. In quest’ottica, la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo con fede nella propria inerente natura di Budda può essere paragonata all’utilizzo di un codice che permette di accedere al potenziale della Buddità.
Facendo emergere la nostra natura illuminata – le cui caratteristiche sono: coraggio, compassione e forza vitale – ci “attrezziamo” per affrontare al meglio le sfide e i problemi della vita quotidiana, per trasformare la realtà e dare concretezza alla nostra Illuminazione. Sfide e problemi, in tal senso, diventano uno strumento per dimostrare la forza e la realtà della nostra natura illuminata e per ispirare gli altri a seguire lo stesso cammino. Il Buddismo ci permette di vivere sempre nel momento presente, sviluppando una grande fiducia la cui componente chiave è la fede nella natura illuminata inerente alla vita stessa.
Questa prospettiva rivoluzionaria del conseguimento della Buddità si esprime nel concetto di simultaneità di causa ed effetto. I nove mondi, che rappresentano la causa, e il mondo di Buddità, che rappresenta l’effetto, esistono simultaneamente nelle nostre vite. Ciò è simboleggiato dal loto, che presenta contemporaneamente sia i fiori (metafora del comune mortale) sia i frutti (metafora della Buddità). Quando manifestiamo piena fiducia nella nostra innata natura di Budda e nella capacità di trasformare e trionfare su qualunque tipo di sofferenza, i problemi diventano sfide da accogliere, piuttosto che da evitare. Questo senso di fiducia e determinazione di fronte alle difficoltà diventa esso stesso una manifestazione della Buddità che, in accordo col principio di causa ed effetto, assicura la felicità nella vita.
(dalla rivista SGI Quarterly aprile 2013)